Washington. Raggiungere lo spazio con un ascensore. Nata nei romanzi di fantascienza, l’idea si è evoluta in un progetto concreto. Decine di scienziati si riuniranno domani a Washington per discutere i problemi tecnologici legati alla ascesa in orbita di un ascensore (fino a 100mila km) appeso a sottili fibre di carbonio. L’idea del viaggio nelle stelle con un ascensore era al centro di un famoso romanzo dello scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke, intitolato «Le Fontane del Paradiso», pubblicato negli anni ’70. Lo scrittore aveva ipotizzato una colonna che, fissata a terra e in orbita geostazionaria, facesse da ascensore per giungere a una distanza tale da permettere a una navicella di essere letativamente «libera» dall’attrazione terrestre. Lo scienziato americano Bradley C. Edwards, paladino da anni di questa soluzione per raggiungere lo spazio, sostiene che la tecnologia per far diventare realtà il progetto è ormai disponibile. «Il maggior ostacolo è politico. Si tratta di ottenere i fondi necessari per dare vita al progetto», sostiene. Lo scienziato ha ricevuto un finanziamento di mezzo milione di dollari dalla Nasa. Secondo i calcoli di Edwards il costo per costruire l’ascensore spaziale sarà di dieci miliardi di dollari. Il progetto potrebbe essere completato entro 15 anni. L’idea è quella di costruire piattaforme mobili, dislocate lungo l’equatore, nell’Oceano Pacifico, collegate a satelliti in orbita stazionaria intorno alla Terra da nanotubi di carbonio, che sono microfibre indistruttibili in grado di essere plasmate in cavi sottilissimi di qualsiasi lunghezza. Edwards ha paragonato il progetto ad una pallina da tennis, legata ad un filo, fatta girare intorno alla testa. La pallina sono i satelliti collegati alla Terra dai cavi che resterebbero sempre tesi. Gli «ascensori» saranno dotati di cellule in grado di trasformare la luce in elettricità. Raggi laser alimenteranno costantemente le cellule consentendo il movimento continuo degli ascensori, che impiegherebbero circa una settimana a completare il viaggio tra le piattaforme sull’oceano e il «capolinea in orbita». «Molte persone alla Nasa sono notevolmente interessate da questa idea», afferma Robert Casanova, direttore dell’Istituto Concetti Avanzati dell’ente spaziale.
In un momento in cui la Nasa ha grosse difficoltà a riprendere le missioni umane nello spazio (nonostante la sfida lanciata dal presidente George Bush a tornare sulla Luna entro il 2020) il progetto dell’ascensore spaziale acquista nuovo interesse in America, come dimostra la massiccia partecipazione degli scienziati al convegno in programma da domani a Washington. L’ascensore potrebbe servire ed essere utilizzata, perchè no, come un ponte per Marte. «Non dobbiamo scoprire niente di nuovo – sottolinea Edwards – La tecnologia è già pronta. Si tratta solo di trovare la volontà politica per garantire i finanziamenti. Superato questo ostacolo l’ascensore spaziale diventerà realtà». Nella prima fase: un satellite sarà lanciato verso l’orbita geostazionaria, a 36mila chilometri di altezza, la stessa dove si trovano i satelliti televisivi. Da qui si comincerà a srotolare un primo cavo che scenderà verso la Terra. Una volta costruito il cavo, sarà facile sistemarvi una serie di veri ascensori che vi si arrampicherebbero sopra portando nello spazio attrezzature e uomini. L’ascensore viaggerà ad altissima velocità e impiegherà una settimana per raggiungere la base orbitale. La piattaforma Nel disegno lo schema della base spaziale ipotizzata dallo scienziato americano Bradley C. Edwards. La piattaforma, collegata con sottilissime fibre industruttibili ai satelliti in orbita, dovrebbe consentire la partenza degli ascensori spaziali Il prototipo L’ascensore spaziale, collegato con una stazione orbitale a 100mila chilometri dalla Terra, potrebbe essere operativo con un anno di anticipo rispetto alla data del 2020 che il presidente George W. Bush si è prefissato per il ritorno sulla Luna . (Cristiano Del Riccio, Il Mattino)


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