Trovate le tracce della catastrofe di 3400 anni fa che fece nascere il mito di Atlantide
Una gigantesca onda di 30 metri e un’eruzione spaventosa, tanto potente da far sprofondare parte dell’isola di Thera (l’odierna Santorini nell’Egeo), contribuire al declino di un’intera civiltà, quella minoica, e a far nascere un mito: Atlantide. Le tracce di questa immane catastrofe di 3400 anni fa sono state ritrovate da un gruppo di ricercatori europei lungo le coste turche. L’annuncio è stato dato da Gerassimos Papadopulos dell’Osservatorio Nazionale di Atene nel corso del convegno dei ricercatori europei EuroScience Open Forum 2004, ieri a Stoccolma. La traccia è molto piccola e sicuramente non rende onore a un cataclisma di così grande portata. Si tratta di uno strato di sedimenti rinvenuto la scorsa primavera nella località turca di Dalaman. «Ad appena pochi centimetri sotto il suolo abbiamo scoperto uno strato di sedimenti di appena dieci centimetri di spessore che inequivocabilmente è stato lasciato da uno tsunami sulla terraferma. Le analisi al radiocarbonio hanno poi confermato che quello era l’effetto della grande onda che danneggiò gravemente le città minoiche di Creta», dice il geologo che insieme a ricercatori italiani dell’università di Bologna e scienziati turchi dell’Istituto per le tecnologie di Ankara lavora ad un programma per la mitigazione del rischio tsunami nel Mediterraneo (THAMS).
«Nei sedimenti di Dalaman – aggiunge Papadopulos – ci sono le tracce non solo delle gigantesche onde scatenate dallo tsunami, ma anche delle ceneri riversate dall’esplosione vulcanica in una successione di pochi giorni». Se infatti le onde si propagarono nel bacino dell’Egeo in sole due ore in tutto (raggiungendo un’altezza di circa 30 metri), le ceneri vulcaniche invece impiegarono più tempo, almeno due o tre giorni per coprire con la loro coltre non solo la penisola Anatolica, ma anche la parte più settentrionale del bacino del Nilo. «Sopra ai sedimenti marini lasciati dalle onde – spiega ancora il geologo – c’è un sottile strato di ceneri vulcaniche». La scoperta rafforza l’ipotesi che fu questa catastrofe a segnare l’inizio del crollo della civiltà minoica. Fiorita sull’isola di Creta tremila anni prima di Cristo, fu il primo esempio di impero marittimo nel Mediterraneo e divenne famosa per la costruzione di numerosi palazzi, veri e propri labirinti con molte stanze. Per motivi in parte ancora sconosciuti, qualche decennio dopo la catastrofe Creta iniziò a perdere il suo potere e la sua influenza sul Mediterraneo orientale. Prima molti palazzi furono incendiati, poi fu abbandonato anche quello di Crosso, infine il controllo dell’Egeo passò ai potenti regni micenei della terraferma greca, che poi avrebbero attaccato Troia. La catastrofe così come descritta dal ricercatore greco sembra essere molto simile anche a quella che compare nel dialogo di Platone «Timeo» e che parla del mito di Atlantide. Platone descrive forti terremoti e sconvolgimenti e alla fine il mare che sommerge il mitico continente. E in effetti molti archeologi e scienziati hanno pensato che si sia rifatto a un mito egiziano che descriveva proprio l’eruzione di Santorini. Un evento che, secondo le ricostruzioni scientifiche, fu tanto potente da scagliare nell’atmosfera circa 18 chilometri cubi di ceneri, lava e detriti. Il cratere che ancora oggi si può vedere, e che costituisce la baia dell’isola, è quattro volte più grande di quello del vulcano Krakatoa, che esplose nel 1836. Allora morirono 36 mila persone e le esplosioni si udirono a 3200 chilometri di distanza.
Rimane però il dubbio sulla posizione geografica di Atlantide, che Platone indica essere chiaramente al di là delle Colonne d’Ercole e quindi nell’Oceano Atlantico. In realtà, l’ipotesi più probabile è che il grande filosofo greco non abbia descritto un’isola realmente esistita, quanto abbia mescolato miti e leggende del Mediterraneo con temi storici e letterari per esemplificare il suo pensiero filosofico. Solo che è stato troppo bravo e ha creato un mito del quale ancora oggi gli storici cercano conferma. (Federico Ungaro, Il Mattino)


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