“Aiutateci!”: i macellai francesi chiedono aiuto contro le ” atroci verità” divulgate dai vegani
Francia, i macellai denunciano al Ministro degli Interni di “sentirsi in pericolo” a causa delle proteste dei vegani. Tra i media che dipingono la questione solo come una “guerra” tra vegani e onnivori, ecco una riflessione “non violenta” a proposito.

“Chiudiamo i macelli”
A volte ci sono situazioni in cui il racconto, la percezione di una polemica, diventa più grave e negativo dei fatti che hanno scatenato la polemica stessa. Ovvero, a quanto pare, in Francia, stando a quello che i macellai stanno manifestando al presidente del consiglio, non sono in pericolo le vite di milioni di animali che ogni giorno sono costretti ad essere allevati in condizioni terribili per essere poi uccisi, non sono le migliaia di persone che ogni anno si ammalano e muoiono per complicazioni di malattie legate al consumo di carne (cancro al colon e al retto, ipertensione, ictus etc), e non sono nemmeno i ghiacciai a rischiare lo scioglimento per via del riscaldamento globale su cui gli allevamenti da carne danno un’enorme impronta. No, sono i macellai a sentirsi in grave pericolo. A minacciarli, a quanto pare, sono i vegani (ovviamente quelli più facinorosi e intransigenti). Numerose le vetrine imbrattate e rotte e la paura cresce di settimana in settimana. A punto che molti di loro, ormai, hanno paura addirittura a mettere salsicce e costate sotto chiave in vetrina. Una vera e propria guerra contro i macellai? A parte alcuni casi isolati di violenza, portati avanti a titolo personalissimo da parte di “vegani” molto discutibili (e dai cui gesti ci discostiamo nettamente), quello più spaventa i macellai francesi non è una vetrina rotta. È lo status quo in cui l’accezione per cui la carne è un alimento indispensabile, insostituibile, sano e che non comporta scompensi nel pianeta che sta venendo totalmente intaccata a favore di una visione sempre più meat free, sempre più compassionevole, sempre più vegana.

Protesta in Francia a cura di associazioni animaliste e vegane.
Alcuni di questi macellai hanno deciso di scrivere un accorato appello al Ministro degli Interni Gérard Collomb: “Contiamo sull’aiuto del governo affinché cessino subito le violenze fisiche, verbali e morali di cui siamo oggetto. Siamo stanchi di minacce e intimidazioni. Vogliamo la protezione della polizia“. Firmata da Jean-François Guilhard, presidente della Cfbct (Confederazione francese dei macellai e salumieri), che conta circa 18mila iscritti. Il ministero l’ha presa molto sul serio: Collomb ha assicurato che il problema sarà preso in seria considerazione e che una soluzione sarà trovata.
“Negli ultimi mesi il clima è peggiorato – lamenta Guilhard -. Nell”aprile scorso sette macellerie di Lilla sono state attaccate e cosparse di sangue finto. I vandali hanno spaccato le vetrine e imbrattato i muri”. Un gravissimo episodio, accaduto a Trèbes (sud-ovest della Francia), fa capire a che punto siamo arrivati: quattro persone sono state uccise in un supermercato dal terrorista Radouane Lakdim. Tra le vittime c’era anche Christian Medves, 50 anni, che lavorava al banco della macelleria. Su Facebook una militante vegana non ha avuto alcun ritegno: “Un assassino ucciso da un terrorista, ben gli sta. Non ho nessuna compassione per lui, anzi. Trovo che c”è una giustizia al mondo”. Denunciata, la donna è stata condannata a sette mesi di carcere per apologia del terrorismo.
In Francia i vegani sono sempre più agguerriti: “Si tratta di una tribù fortemente in crescita – segnala Guilhard – prevalentemente di sesso femminile, età media fra i 25 e i 34 anni. Vanno in giro con zainetti con su scritto “Veggie”, organizzano manifestazioni esibendo cartelli raccapriccianti con immagini di animali squartati e agonizzanti, versano sangue sui marciapiedi, fanno sit-in con bende nere sugli occhi in segno di lutto… Per noi sta diventando un incubo. Temiamo che ci scappi il morto, prima o poi.”
Se la violenza, contro cose o persone non è da considerarsi MAI un mezzo efficace per divulgare le proprie idee e cercare adesioni al proprio pensiero, di sicuro in questa surreale situazione è che, chi per lavoro (non è detto che lo faccia per scelta, non si può certo andare ad analizzare le intenzioni) confeziona e vende animali morti, allevati con l’unico scopo di essere uccisi, sta passando per la “vittima”. Purtroppo, in questa miope e poco lungimirante campagna di comunicazione e lotta vegan, chi ci rimette di più sono gli animali. Che ancora una volta, una volta uccisi ed esibiti in un bancone, per poi essere rubati, imbrattati o vandalizzati dagli attivisti rimangono nel ruolo che, a scena muta, la nostra società gli ha relegato: “cose“. Oggetti, beni di consumo, merce, prodotti posseduti, che sono venduti e hanno un valore di scambio.
Vandalizzare un macellaio, così come qualsiasi altro comparto dell’industria che sfrutta gli animali, non ha senso per il semplice fatto che purtroppo nella legislazione di praticamente tutti i paesi, questi animali non sono portatori di diritti. Sono capi, numeri. Cose. Danneggiarli non fa che ricordare loro quanto queste “cose”, una volta danneggiate, possano avere una ricaduta economica, non che siano “esseri”, una volta vivi, portatori del diritto a una vita dignitosa come ogni altro essere vivente su questo pianeta.

Protesta contro l’industria della carne in Francia.
La percezione della portata aggressiva dei vegani ha inoltre una faccai della medaglia che raramente viene a galla: la cosiddetta “vegefobia“, un nuovo termine coniato pochi anni fa per designare tutti quegli atti di violenza fisica o verbale, come intimidazioni, minacce e insulti, contro chi ha uno stile di vita vegano e vegetariano.
Secondo uno studio dell’anno 2017, l’affermazione “i vegani sono dei fanatici”, trovava complessivamente d’accordo, tra gli onnivori, oltre il 60% degli intervistati. Il 97 % ammetteva di aver sentito alla televisione, radio, su giornali, social media etc parlare male, con derisione e mancanza di rispetto dei vegani. Un altro studio mostra come, a livello internazionale, il 79% degli intervistati dichiara di essere stato vittima di bullismo per la scelta vegan (maggiormente a scuola, sul posto di lavoro, in famiglia e nei social network) almeno una volta nella vita: per alcuni questo si è fermato a una battuta, spesso sono state prese in giro ripetute anche quotidianamente, fino ad alcuni casi di vera e propria violenza verbale e anche fisica.
Non sono passate molte settimane infatti dai fatti di Milano: quattro studenti diciottenni della Milano bene hanno insultato e aggredito i clienti di un ristorante vegano, accanendosi in particolare su uno di essi. Tecnicamente futuri chef di domani, poichè studenti all’istituto alberghiero (e questo mostra quanta ignoranza ancora esiste in materia e quanto la scuola sia ancora estremamente indietro su questo tema), hanno ricevuto, poichè incensurati, il trattamento domiciliare solo per uno di essi, per aver realizzato un “agguato” in piena regola presso il ristorante Vegan World, dove al grido di pesanti offese sui vegani, hanno picchiato e mandato in prognosi di alcuni giorni alcuni clienti del ristorante. Tre dei ragazzi arrestati sono tornati liberi, e pare che come scusante abbiano usato l’essere ubriachi.
Questo fatto, tremendo ed eclatante, è purtroppo la punta di un iceberg di un mondo di sottile (e non sempre sottile) violenza contro i vegani, che ancora esiste. Se è vero che la violenza NON È MAI accettabile, né contro i vegani, né da parte di vegani ed animalisti nei confronti di cose o persone che lavorano nel settore (tra l’altro, non è assolutamente detto che un dipendente sia felice e fiero del suo lavoro in quel campo), l’obiettivo non è una stupida guerra tra vegani e onnivori, come invece ci vuole far credere la televisione con i suoi infiniti talk show sul tema. Ma è la salvaguardia di questo pianeta e degli esseri che lo abitano. Con compassione, confronto, pazienza, ascolto. Con piccoli passi alla volta. Partendo da piccoli ma significativi passi, come i tanti miglioramenti a livello legislativo che in tutta Europa hanno investito la regolamentazione dell’allevamento da pelliccia, da uova, sulla vivisezione e sul trasporto animali vivi. Piccoli passi, ma costanti. E poi colpire senza pietà con l’arma migliore che abbiamo: il consumo. Scegliere di sostenere le aziende che producono prodotti vegan (e a questo proposito consigliamo caldamente di rivolgervi alle aziende che seguono il Disciplinare Etico VEGANOK) è il miglior modo per mostrare che un altro mondo è possibile. Senza spargimenti di sangue, né di animali né di uomini.
Joela Laghi8Attualità 30 giugno 2018
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Pubblicato da Joela Laghi
A 14 ho deciso che non volevo più mangiare qualunque cosa avesse occhi. Da lì ho proseguito il mio percorso di studi e di vita, tra attività artistiche, attività per il sociale e l’ambiente, giornalismo e blogging. Nel tempo libero adoro stare ai fornelli e cucinare leccornie vegane e ovviamente coccolare i miei 5 gatti trovatelli!


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