L’UMANITA’ SORRIDENTE DI CASILLO
Di Laura Caico
Mezzo secolo al servizio del Teatro. Benedetto Casillo è stato il mattatore di una torrida serata al Maschio Angioino – all’interno della 28esima edizione del Ridere Festival, organizzato dal teatro Totò di Napoli e diretto da Gaetano Liguori – con lo spettacolo “Provvisoriamente. 50 anni a servizio del teatro” di cui è protagonista, autore e regista e in cui lo affiancano Gennaro Morrone, Enza Barra, Luciano Piccolo: il repertorio portato in scena affonda le sue radici nell’epoca dei suoi esordi e si snoda da Petito fino ad oggi, giacchè inizia proprio con la “rivisitazione” di una farsa di Petito “Don Felice creduto guaglione ‘e n’anno”, che costituisce il fulcro delle sue esibizioni estive.
Nel primo tempo, tutto si svolge all’interno di una modesta bottega di calzolaio dove – con il sottofondo della struggente fisarmonica del maestro Carmine Mandia – si susseguono scontri caratteriali, momenti galanti, equivoci, liti e riappacificazioni, rappresentate con bonomia e acume: nel secondo tempo, invece, si smontano le scene e il simpatico attore anima con la sua arte uno sfondo privo di orpelli, sfoderando una carrellata di situazioni comiche, scenette de “I sadici piangenti”, pezzi di bravura, in cui spicca la sua amabile ironia, basata sull’osservazione della quotidianità, e che, in fondo, rispecchia la sua visione della vita.
D’altronde lui stesso dichiara dal palco “stasera questo spettacolo più che una recita è un modo per stare insieme in un giorno d’agosto, così, amichevolmente, simpaticamente, provvisoriamente: provvisoriamente è il mio avverbio preferito, in quanto descrive e sintetizza il mio vivere giornaliero e scandisce l’attesa di qualcosa di diverso che si auspica sia di miglioramento.
E poi a Napoli si vive in un’interminabile provvisorietà, che io stesso ho sperimentato più volte. Volevo fare il calciatore nella squadretta di un convento di frati Cappuccini, ma “provvisoriamente” venni messo in panchina e lì rimasi senza mai scendere in campo; venni, invece, invitato a partecipare alla compagnia di teatro amatoriale di quello stesso convento, cosa che non mi interessava minimamente e che provai a fare solo “provvisoriamente”. Ed è così che questa provvisorietà dura da 51 anni!”.
Il monologo finale che sigla il commiato dagli spettatori – che hanno interagito spontaneamente dalla platea, interrompendolo più volte con disarmante semplicità ma dandogli anche lo spunto per divertenti improvvisazioni –dà la misura della sua umanità: l’attore chiede, infatti, un minuto di raccoglimento per le vittime del ponte crollato a Genova con parole toccanti, ricordando a tutti che la vita è un soffio e bisogna viverla sia con il coraggio di andare incontro all’ignoto ma anche con il sorriso e la speranza nel futuro.

Categorie: Attualità

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