L’olio della Campania, quarta regione olivicola italiana per quantità di prodotto e sesta per superficie olearia, dopo anni di sperimentazione hanno avuto una serie di riconoscimenti con l’assegnazione di Denominazione di origine protetta, Dop, e di Indicazione geografica protetta, Igp,
che premiano i produttori che hanno creduto in questa coltivazione arborea. Il vantaggio della Campania è che, a differenza della Puglia e della Toscana che la precedono solo per quantità di oli prodotti, ha potuto puntare sulla qualità dell’olio e negli anni è riuscita a conquistare mercati dal palato esigente senza perdere di vista i prezzi ovviamente. In Campania l’introduzione della coltivazione dell’olivo è datata millenni. L’opera di diffusione infatti è fatta risalire a fenici e greci. Era il tempo in cui l’olio veniva utilizzato sia per l’alimentazione che per profumi e unguenti ad uso estetico, ma anche per essere bruciato in omaggio alle divinità che ancora oggi in varie località della Campania è praticata, come nel caso di San Gennaro. Ma, tornando all’olivo, va rilevato che in Campania ha trovato un habitat ideale perché c’è una piovosità annua limitata, da estati calde e asciutte, da inverni temperati, da luminosità intensa, da terreni spesso vulcanici, permeabili e ben areati. Uno dei punti di forza dell’olivicoltura campana è il patrimonio varietale, estremamente ricco e diversificato, un recente studio ha individuato e descritto 66 varietà autoctone attualmente coltivate, tramandate da secoli. Non è tanto imbattersi in piante maestose, di centinaia di anni d’età, come accade in Puglia. In quelle piante secolari è racchiusa, in alcuni casi la storia di intere famiglie o di borgate, cui quegli olivi hanno assicurato, nei momenti più difficili, sostentamento: quelle piante rappresentano il legame ad un passato, spesso remoto,ad episodi e persone care. L’olio campano, però, non ha un marchio unico, perché gli oli di questa regione hanno ciascuno una propria storia e una tipicità. I produttori sono impegnati a valorizzare tramite le Dop e mediante il ricorso a tecniche innovative, finalizzate al miglioramento qualitativo delle produzioni, le straordinarie risorse, la storia, la tradizione e gli impareggiabili ambienti ovicoli campani. Tra questi già fruiscono del riconoscimento comunitario di Dop, Denominazione di Origine Protetta, gli oli Colline salernitane, Cilento e Penisola Sorrentina, mentre sono in corso le procedure di riconoscimento per gli oli Colline beneventane, Sannio Caudino Telesino e Irpinia, Colline dell’Ufita. Va spesa una parola in più per la produzione campana, però, perché a fronte dei prodotti industriali dal gusto uniforme e anonimo, come avviene per molta produzione nazionale, ecco che gli oli campani si contrappongono con successo per i loro gusti definiti e tipici, densi dei sapori e dei profumi delle aree di provenienza, dando al tutto un vestito gradevole oltre che appetibile. Per saperne di più: “I ristoranti dell’olio della Campania”di Michele Manzo e Antonino Di Gennaro, ed.febbraio 2004, Assessorato Agricoltura della Regione Campania. (Inviato alle Arga).
Premio Francesco Landolfo 2024, appello per salvare l’Emeroteca Tucci
NAPOLI. Dal Premio Landolfo un appello alle istituzioni affinché venga messa in sicurezza l’Emeroteca Tucci. Lo hanno lanciato insieme il quotidiano “Roma”, l’Ordine nazionale dei Giornalisti, la Federazione nazionale della stampa e l’Istituto di cultura meridionale Leggi tutto…
0 commenti