Dal 15 marzo entra in vigore la direttiva europea che consente agli altri paesi esteri di poter chiamare coi nomi dei prodotti italiani della moda, calzature, agroalimentari, vini, oli, formaggi ecc., anche i loro, in Australia come in Cina, in America come in Africa. In sostanza, potranno produrre dell’ottimo Chianti per niente diverso dal nostro, salvo verifica. Questa decisione ha fatto venire l’idea a Maurizio Verga, imprenditore comasco, di inventare un codice di venti caratteri che accerta se il prodotto è made in Italy o no. Il marchio registrato si chiama True Italy e per ora funziona coi prodotti venduti via internet ma c’è da giurare che nei prossimi mesi si estenderà anche a quelli venduti nei negozi e nei supermercati. In Campania hanno già adottato questa misura di sicurezza la Gnd, società di moda di Pozzuoli, e la Dilmar che fabbrica costumi da bagno a Santa Maria la Carità. L’iscrizione al sistema di “sicurezza” costa 450 euro l’anno e ogni etichetta col relativo codice ha un prezzo fra i 21 centesimi per marcare un prodotto di 20 euro, e i 40 euro centesimi per marcare un prodotto di 100 euro. Il lotto minimo di etichette acquistabili è di 600 pezzi. Ma la certificazione che il prodotto è originale non la rilascia True Italy, bensì la stessa casa proponente. Per saperne di più? Il sito è www.trueitaly.com. (Inviato alle Arga)
Agricoltura e agroalimentare
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