29 luglio 2004 – L’Italia che muore: si sgretolano le Dolomiti
Come non bastassero le calamità provocate dall’uomo, ora ci si mette pure la natura, facendo sgretolare le Dolomiti, nel Trentino. Secondo il Cnr sgretolarsi e cedere fa parte della natura non solo delle Dolomiti, ma di tutte le montagne. Così, in appena 40 giorni ci sono state 4 frane. L’ultima nel parco naturale delle Odle: un migliaio di metri cubi di roccia si sono staccati da una parete a quota 2.600, scivolando a valle per cento metri. Solo due giorni dopo il crollo della cima del Piccolo Cir, un montagna sopra passo Gardena, che ha trascinato con sè anche il crocifisso che dominava la vetta. A giugno aveva invece ceduto una guglia del gruppo delle Cinque Torri, sopra Cortina D’Ampezzo, seguita distanza di un mese dalla caduta di uno spuntone di roccia, tra la Val Gardena e la Val Badia. Per il presidente dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr, Carlo Doglioni, nulla di strano. E il geologo capo della provincia di Bolzano, Ludwig Noessing, spiega che i distacchi rocciosi sono sempre avvenuti ed avverranno anche nel futuro. Patrimonio inestimabile per la ricchezza geologica, le Dolomiti è giusto che diventino un bene protetto da tutti e per tutti. Il professore condivide, così, la proposta lanciata dal re della montagna Reinhold Messner che vorrebbe l’ombrello dell’Unesco su questi rilievi. Naturali e molteplici le ragioni delle frane, secondo gli esperti: su tutto, la gravità che non si stanca mai di agire; il gelo ed il disgelo, i detriti accumulati ai piedi delle pareti, sono fra gli altri responsabili. Da non dimenticare il clima. “Si tratta di processi lenti ma continui – aggiunge Doglioni – che possono vivere qualche momento di accelerazione, è vero, ma solo temporaneo”. Secondo il geologo di Bolzano, in questo periodo, la particolarità consiste nel numero relativamente alto di fenomeni in un arco di tempo limitato. Determinante l’estate scorsa, “caratterizzata da un gran caldo e dalla conseguente siccità – sottolinea Noessing – a seguire un inverno con molta neve e poi le gelate, che si sono protratte sino alla tarda primavera. In più, ci sono state le recenti precipitazioni che hanno contribuito a rendere instabile la roccia delle Dolomiti e le sollecitazioni degli ultimi terremoti”. Un rumore simile ad un tuono, «come il rombo di un temporale che si sta avvicinando», così si annunciano i crolli, racconta l’alpinista altoatesino Hans Kammerlander, che nella sua carriera ha conquistato 13 delle 14 vette da ottomila metri esistenti al mondo:”Una volta individuata la direzione da cui proviene il suono, ci si gira e si vede che manca un pezzo della montagna, che il paesaggio è cambiato”. Fortunatamente, per l’alpinista,i crolli avvengono in zone molto isolate, non quelle del turismo di massa. Forse l’unica eccezione, è stato il cedimento del pilastro nelle Cinque Torri nel Bellunese. In effetti, nelle giornate di bel tempo, su quelle pareti gli alpinisti si contano a grappoli. Naturali sì, quindi, ma quando colpiscono rilievi amati da appassionati di alpinismo e dai turisti, le frane costituiscono anche una questione di sicurezza. La chiusa è preoccupante visto che Dogliosi dice che in Italia manca una struttura centrale efficiente, in grado di coordinare le attività di questo tipo. Non bisognerebbe sottovalutare quella che allo stato non sembra solo una osservazione scientifica ma un allarme, con l’appello a dotarsi della struttura mancante. Qualcuno è in ascolto?


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