Lelio Bernardi : La sessione del Comitato dei Prodotti (CCP) della FAO – Rapporto FAO sulle cause della fame nel mondo.
Si è tenuta nella sede FAO a Roma, dall’ 11 al 13 Aprile 2005, la 65ma sessione del “Comitato dei Prodotti” (acronimo inglese: CCP) con la partecipazione di 92 paesi membri del CCP(su 106 ). Erano inoltre presenti a questo CCP come “ Osservatori” : 11 Stati membri della FAO, 1 Stato membro dell’ONU, la Santa Sede, 7 Organizzazioni internazionali e 7 ONG (Organizzaz. Non Governative). Il CCP è uno dei “Comitati ad interim” del “Consiglio” (organo di Governo che orienta i lavori della FAO). All’inizio dei lavori il CCP ha eletto per questa sessione: – il dr H.Thofern (Germania), Presidente – il sig. N.Rimouche (Algeria), primo Vice Presidente, – il Sig.A.Sem Paraina(Madagascar), secondo Vice Presidente. Il dr D.A. Harcharik, vice direttore della FAO ha aperto questa sessione mettendo in luce le preoccupazioni della organizzazione per la situazione critica dei “Paesi in Via di Sviluppo” (PVS), a causa dei bassi prezzi al produttore per molti dei principali prodotti agricoli, quali in particolare : caffè, zucchero di canna, carne, olii vegetali e cotone. Il CCP ha analizzato i rapporti preparati dai Gruppi intergovernativi per un certo numero di prodotti. La prolungata caduta dei prezzi, a partire dalla seconda metà degli anni ‘90, non ha compensato alcuni recenti aumenti. Il CCP ha apprezzato la nuova pubblicazione della FAO “La situazione dei mercati mondiali dei prodotti agricoli” (febbraio 2005). Tra l’altro si nota che “i prezzi ‘reali’, per la maggior parte dei prodotti, sono restati al loro minimo storico, mentre, la tendenza nel più lungo periodo, continua ad essere negativa. La forte variabilità dei prezzi da un anno all’ altro, continua inoltre ad essere la caratteristica dominante dell’andamento dei prezzi dei prodotti, anche a causa delle politiche protezioniste”. Spesso alcuni PVS dipendono pesantemente dall’esportazione di un solo prodotto. Ne consegue un aggravamento della povertà e della fame. Ad esempio nello stesso Rapporto si legge che i prezzi internazionali del Caffè, tra il 1998 ed il 2001 sono diminuiti del 58 % (a causa di : offerta eccedente, accumulo di scorte…). Naturalmente i prezzi bassi hanno avuto come risultato quello di ridurre la produzione (nel raccolto 2003/04 ha raggiunto infatti appena 6 milioni di tonnellate , la più bassa da quella del 1998/99). Contemporaneamente dal 2001 al 2004 i prezzi sono aumentati del 33 % (di nuovo ad 1 $USA/libbra, come nel 2000). Il CCP, quindi, anche in questa sessione, ha analizzato la “Situazione mondiale dei principali prodotti di base”, ed ha indicato raccomandazioni politiche per il “Consiglio” (organo di Governo della FAO). Il CCP, come in ogni sessione (che si svolge ogni 2 anni), ha valutato anche lo stato degli aiuti alimentari nei PVS, particolarmente ora che i negoziati nell’ambito del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) possono avere grandi implicazioni sul Commercio e sugli aiuti alimentari. Una Tavola Rotonda sulle “Riforme del Commercio agricolo” e sulla Sicurezza Alimentare (in inglese FS :food security) ha messo appunto in luce alcuni effetti negativi della “liberalizzazione del commercio agricolo” sulla sicurezza alimentare e sulla povertà.
Lelio Bernardi: Giornalista Agricolo, membro del Consiglio esecutivo dell’ UNAGA e dell’ IFAJ. lelio.bernardi@libero.it
LE CAUSE DELL’EMERGENZA FAME ANALIZZATE ALLA FAO DURANTE LA SESSIONE ANNUALE DEL “COMITATO PER LA SICUREZZA ALIMENTARE”(CFS).
Durante i lavori annuali del “Comitato per la Sicurezza Mondiale” della FAO (CFS), si è discusso dei progressi registrati, in questi ultimi anni, per ridurre la fame nel mondo e raggiungere gli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” (MDG). Il CFS ha tenuto questa riunione nella sede FAO a Roma, dal 23 al 26 maggio 2005. Vi hanno preso parte : -delegati di 112 Stati membri del CFS, -osservatori di cinque altri Stati membri FAO, -la Santa Sede, -il Sovrano Ordine Militare di Malta, -rappresentanti di due istituzioni dell’ONU ( IFAD e PAM), -osservatori di tre “ONG” (“Organizzazioni Non Governative” : Organizz. araba per lo sviluppo agricolo – Organizz. Internazionale per le Emigrazioni – Lega degli stati arabi), – 25 ONGI (“Organizzazioni Non Governative Internazionali”).Questa sessione del CFS à stata aperta dal Ministro dell’agricoltura del Burkina Faso, Salif Diallo, nella sua qualità di Presidente del CFS. Il Direttore Generale della FAO, J. Diouf, nel suo intervento, ha espresso preoccupazione per il possibile mancato raggiungimento degli otto “obiettivi di Sviluppo del Millennio” (MDG). Il Presidente del Burkina Faso, B. Campaorè, in un discorso preliminare, ha detto che le misure fondate sulla sicurezza alimentare, se applicate con fermezza, permetterebbero tuttavia di allontanare lo spettro della povertà nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS). Anche il Ministro per la Cooperazione allo Sviluppo del Belgio, A. De Decker, ha pronunciato una allocuzione “sull’aiuto ufficiale allo sviluppo dei paesi sviluppati”, centrato sulla sicurezza alimentare.Durante questa sessione del CFS sono stati organizzati i seguenti tre avvenimenti speciali:
– a) incidenza dei “conflitti armati” e del “buon governo” sulla sicurezza alimentare e ruolo della FAO per raggiungere gli otto “obiettivi di Sviluppo del Millennio” (MDG);
– b) incidenza dei cambiamenti climatici, degli insetti e delle malattie sulla sicurezza alimentare;
– c) presentazione del Rapporto della Commissione per l’ Africa.
Per quanto concerne i conflitti armati, la FAO ritiene che essi siano la causa primaria della fame nel mondo. Subito dopo vengono l’AIDS ed i cambiamenti climatici come cause secondarie. Secondo il Rapporto di base presentato al CFS, viene confermato quanto annunciato dal Direttore Generale : “difficilmente si raggiungerà l’obiettivo di dimezzare il numero di coloro che soffrono la fame, come stabilito dal Vertice Mondiale dell’Alimentazione del 1996 e riaffermato nel 2000 dagli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” (MDG)”.Inoltre la diminuzione della proporzione delle persone che soffrono la fame e la povertà nel mondo, in particolare non potrà essere raggiunta, se continua la tendenza attuale, nell’Africa sub-Sahariana.In questo ultimo anno inoltre, si sono verificate, nelle aree più colpite da guerre civili, conflitti vari e disastri naturali, gravi emergenze alimentari. Infatti, ai disastri dovuti all’uomo, si sono aggiunti quelli dovuti a cause naturali (invasione di cavallette, etc.), creando emergenze complesse protrattesi nel tempo, come ad esempio si è verificato in diverse regioni (Darfur ed altre) del martoriato Sudan.Nel lungo periodo, molti paesi risentiranno degli effetti dei cambiamenti climatici come conseguenza del fenomeno del riscaldamento del pianeta.Il Rapporto invita quindi i governi a prestare maggiore attenzione alle ripercussioni che questi eventi stanno avendo sulla sicurezza alimentare. Esso insiste e mette in guardia sul fatto che oltre il 35% delle emergenze alimentari dell’ultimo decennio (1992/2003) hanno avuto come causa, nei PVS, conflitti armati e problemi economici .Gli effetti negativi di tali “conflitti armati”, non si limitano alle aree dove si svolgono, ma distolgono anche preziose risorse dai programmi di sviluppo nazionali, compromettendone spesso la fornitura di servizi all’intera nazione.
Occorre poi tener conto degli effetti deleteri che tali conflitti provocano anche sui paesi confinanti, (ad es. per l’enorme afflusso di rifugiati, per l’aumento delle spese militari, per l’impatto generale sull’economia della regione, per la più grande diffusione dell’AIDS, per la prostituzione in forte aumento..).Il documento ribadisce anche con forza che : “la Pace è un bene pubblico”, condizione essenziale per il raggiungimento degli otto “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” (MDG) ed esorta tutti i paesi a riconoscerla come obiettivo prioritario da conseguire. La Pace, inoltre, incoraggia gli investimenti e consente lo sviluppo economico e sociale mentre i conflitti armati distruggono non soltanto la vita umana ma spesso anche l’ambiente naturale, eliminando opportunità di sviluppo.
Tali conflitti riducono inoltre le possibilità di crescita, sono di enorme ostacolo allo sviluppo sostenibile e rendono inutilizzabili risorse che erano state investite per lo sviluppo del paese. La FAO ha presentato al CFS una strategia riepilogativa in quattro punti per raggiungere gli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” (MDG).
(Infatti gli otto Obiettivi, lanciati dal Vertice del Millennio, tenutosi 5 anni fa presso l’Assemblea Generale dell’ONU, comprendevano quelli fissati in precedenti Summit (Vertice Mondiale Alimentazione FAO del 1996, ecc..) ed intendevano fornire una piattaforma d’azione per tutti gli Stati per ridurre fame e povertà.
Tuttavia, i progressi registrati sinora, sono stati molto deludenti.)
Per questo la FAO ha deciso di riassumere questi otto Obiettivi, privilegiando le seguenti quattro aree specifiche di intervento:
· patrocinare e sostenere le iniziative degli MDG
· lavorare per una migliore identificazione dei beneficiari e degli obiettivi nei programmi FAO;
· perseguire alleanze e partnership strategiche;
· fornire appoggio strategico alla cooperazione a livello nazionale.
Il documento afferma che la FAO organizzerà campagne per mettere in luce il ruolo cruciale che il settore rurale ed agricolo deve avere per il raggiungimento degli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio”.
La FAO agirà per il rafforzamento politico e di capacità dei PVS che incorporano tali “Obiettivi ” nelle proprie strategie nazionali.
In pratica, la FAO cercherà di : – rafforzare i partenariati esistenti ; – realizzarne alcuni nuovi; – appoggiare l’impegno verso una maggiore armonizzazione degli aiuti ONU.
La FAO, all’interno dei singoli PVS, cercherà di promuovere rapporti più stretti con la società civili e con le ONG (“Organizzazioni non Governative” che si occupano di agricoltura, di sviluppo rurale, di sicurezza alimentare e di gestione sostenibile delle risorse nazionali).
Inoltre la FAO, in stretto rapporto con i singoli governi dei PVS, svilupperà programmi di cooperazione flessibili, di medio termine, per individuare le priorità e criteri di intervento che tengano maggiormente conto delle diverse esigenze nei vari PVS.
La FAO, si è poi impegnata a realizzare i cambiamenti che si renderanno necessari attraverso un processo interno di un riesame critico della sua struttura, del suo metodo di lavoro, del suo ruolo all’interno dell’ONU.
L’IMPEGNO DELLA FAO PER FAVORIRE IL PROCESSO DI PACE NEL SUDAN.
La ripresa del settore agricolo nel Sudan è fondamentale per assicurare una pace duratura. La FAO è impegnata in tutto il paese con progetti di soccorso di emergenza e di ricostruzione, per un totale di 16 milioni di dollari.
La FAO aveva, in effetti, richiesto 62 milioni di dollari per programmi di sviluppo nel settore agricolo, da realizzare nel 2005. Sinora, tuttavia, ha ricevuto soltanto il 17% di tali fondi richiesti (pari a circa 10,5 milioni di dollari).
La situazione alimentare del paese, rimane precaria, con un grave problema di profughi e sfollati.
Oltre alla regione del Darfur e del sud del paese, esistono infatti altre zone del Sudan dove il cibo continua ad essere insufficiente.
La FAO ha stanziato 5 milioni i dollari per la fornitura di sementi in tutto il paese (la stagione di semina varia nel Sudan da maggio ad ottobre).
La FAO prevede di raggiungere circa 450.000 famiglie vulnerabili, tra cui molti sfollati e profughi che rientrano e necessitano di aiuti per il ritorno e per la ripresa delle tradizionali attività agricole.
Il coordinatore FAO per le emergenze nel nord del Sudan, prevede, per la stagione asciutta, un massiccio rientro dei profughi, mentre, durante la stagione delle piogge, occorrerà moltiplicare le sementi delle varietà locali.
Tali varietà permettono infatti di utilizzare metodi colturali tradizionali (senza grandi necessità di fertilizzanti, migliore resistenza alla siccità…).
Dal 1983 fino alla conclusione del conflitto, sembra che le vittime ammontino ad oltre due milioni, mentre sarebbero oltre 4 milioni le persone che hanno dovuto abbandonare la propria casa e circa 600.000 quelle costrette a rifugiarsi nei paesi vicini.
L’accordo di pace del gennaio 2005 tra il Governo del Sudan ed il “Movimento di liberazione popolare sudanese”, ha alimentato grandi speranze per una soluzione definitiva di questo conflitto. Dopo la stagione delle piogge, rientreranno in Sudan queste 600.000 persone…
Tuttavia, se non si aiuterà la comunità a riassorbire il rientro di queste persone, si creeranno nuove situazioni di conflitto. La FAO è impegnata, con le autorità locali, per formalizzare i diritti consuetudinari ed i meccanismi formali per l’assegnazione delle terre alle comunità. Si stanno anche realizzando progetti di gestione fondiaria (per circa 1,7 milioni di dollari), al fine di assicurare i diritti fondiari, risolvere le controversie sulla proprietà della terra e negoziare una gestione della terra consensuale.
Già nel 2004, prima dell’accordo di pace, la FAO aveva avviato due programmi di ripresa nel lungo periodo (attualmente all’esame della Commissione Europea per il finanziamento). Dopo 20 anni di guerra civile, il paese ha urgente bisogno di risorse umane, non per fare guerre ma per ricostruire, riconciliare ed avviare un processo di pace e di sviluppo.
I CAMBIAMENTI CLIMATICI AGGRAVANO L’EMERGENZA FAME NEL MONDO.
I “cambiamenti climatici”, provocano una riduzione della terra coltivabile. Secondo un Rapporto della FAO, presentato durante il CFS, nei 40 PVS più poveri (con una popolazione di circa 2 miliardi di persone), l’attuale numero di 450 milioni di persone sottonutrite potrebbe, a causa delle conseguenze provocate da questi cambiamenti climatici, aumentare drasticamente. Gli effetti più gravi riguarderebbero i paesi dell’Africa sub Sahariana che, come ò noto, non possono compensarli con l’aumento delle importazioni di alimenti.
In Africa in particolare, tali “cambiamenti climatici” potrebbero fare aumentare la superficie delle terre aride. Attualmente la FAO calcola che in Africa vi siano 1,1 miliardi di terra con un periodo vegetativo inferiore a 120 giorni. I “cambiamenti climatici” potrebbero fare aumentare questa area , nel lungo periodo, tra il 5 e l’8 %.
In Asia, i “cambiamenti climatici” potrebbero avere conseguenze più complesse: ad esempio l’India potrebbe perdere circa 125 milioni di tonnellate della sua produzione cerealicola irrigua; mentre questa produzione cerealicola in Cina, (ora stimata in circa 360 milioni di tonnellate), potrebbe aumentare del 15%. I “cambiamenti climatici”, non solo hanno un impatto sulla sicurezza alimentare ma possono influenzare il diffondersi e l’intensificarsi delle malattie animali e dei parassiti delle piante. L’agricoltura dovrà adattarsi ad un flusso più accelerato di nuove malattie e di nuovi insetti nocivi, per le mutate condizioni ecologiche, per l’aumento del commercio internazionale e della mobilità. Inoltre, le maggiori temperature e l’inquinamento dell’aria possono influenzare le patologie umane (anche a causa della diffusione delle malattie animali transfrontaliere, come ad esempio l’influenza aviaria).
“IL NOSTRO INTERESSE COMUNE”: UN’AFRICA NUOVA POTREBBE CAMBIARE IL VOLTO DEL MONDO.
Durante il CFS è stato anche presentato “Il Rapporto della Commissione per l’Africa”, intitolato : “Il nostro interesse comune”.
Secondo le conclusioni di tale Rapporto, l’attuale povertà e stagnazione dell’Africa sono la più grande tragedia dei nostri tempi. Tuttavia una povertà, di dimensioni così vaste, esige risposte nuove ed energiche : nonostante infatti che, negli ultimi anni, si siano notati miglioramenti nella crescita economica e nel “buon governo”, occorreranno ulteriori decisi miglioramenti.
Il mondo sviluppato, pur tenendo conto delle situazioni particolare africane, si dovrà impegnare maggiormente.
La “Commissione per l’Africa”, presieduta dal Tony Blair, ha quindi proposto un pacchetto coerente di interventi, poiché i problemi trattati sono tra loro strettamente connessi. “L’Africa – si legge nel Rapporto- ha bisogno di una forte spinta su molti fronti e tutti i partner debbono lavorare uniti per attuare questo pacchetto di interventi con grande impegno”.Sarà importante quindi che :
1) i paesi donatori investano maggiormente nei sistemi di istruzione superiore nei PVS (in particolare nei settori scientifici e tecnologici), per formare personale locale nelle amministrazioni nazionali dei vari paesi e nelle organizzazioni panafricane (Unione Africana ed il suo programma NEPAD);
2) si comprenda che negli ultimi quattro decenni l’Africa ha conosciuto conflitti violentissimi. Tali conflitti rappresentano il maggiore ostacolo allo sviluppo. Occorre quindi comprendere che, investire nello sviluppo significa “investire nella pace”.
Le organizzazioni regionali africane e l’ONU possono contribuire a prevenire i conflitti attraverso validi sistemi di pre allarme, mediazione e mantenimento della pace. I paesi donatori possono dare finanziamenti flessibili all’Unione africana ed alle Organizzazioni regionali, anche promuovendo una “Commissione ONU per la costruzione della pace e dello sviluppo post- conflitti”;
3) si sappia investire nella gente. Quindi, anche per gli africani più poveri si dovrebbero rendere disponibili scuole ed ospedali, investendo nella crescita economica. Sarà importante, quindi, ad esempio, che tutti i giovani dell’Africa sub sahariana abbiano accesso all’istruzione di base. Occorrerà anche ricostruire i servizi sanitari pubblici per combattere patologie quali tubercolosi e malaria e fare investimenti per le forniture idriche ed i servizi fognari (dopo anni di abbandono…). La massima priorità deve essere data alla lotta HIV ed all’AIDS che sta uccidendo una gran parte della popolazione africana.
4) si punti alla crescita economica ed alla riduzione della povertà. Evidentemente occorreranno modifiche nel “buon governo” per rendere possibile un clima di fiducia che favorisca gli investimenti…
I paesi donatori dovranno sostenere il programma NEPAD dell’Unione Africana, per creare collaborazioni pubbliche e private e favorire investimenti ed occupazione. I paesi donatori dovranno finanziare massicci investimenti nelle infrastrutture, compreso lo sviluppo rurale ed il risanamento dei quartieri degradati.
5) l’Africa migliori la propria capacità commerciale (“più commercio e commercio più equo”). Occorrerà quindi migliorare le infrastrutture di trasporto, semplificare i sistemi tariffari tra i singoli paesi… Per quanto concerne i paesi donatori, dovrebbero abolire le sovvenzioni alla propria agricoltura che provocano distorsioni sul commercio e procurano un ingiusto vantaggio sugli agricoltori africani poveri. I paesi ricchi dovranno anche abbassare le tariffe ed altre barriere non tariffarie per i prodotti africani . L’attuale Round di Doha sul commercio internazionale va completato con finanziamenti che permettano all’Africa di adattarsi alle nuove opportunità del mutato regime del commercio internazionale;
6) per sostenere questi cambiamenti (già avviati in questa prima fase) si dovrebbero rendere disponibili sino al 2010, ogni anno, 25 miliardi di $USA, (con i paesi donatori che si impegnino con la loro giusta quota). Inoltre bisognerebbe considerare la necessità di una seconda fase di altri 25 miliardi di $ USA, ogni anno, da attuare entro il 2015. Per un adeguato impiego di questo denaro, occorrerà che l’Africa continui con il “buon governo” e che i paesi donatori migliorino la qualità degli aiuti. Tali aiuti dovrebbero, infatti, rendere più responsabili i Governi africani . Questi cambiamenti sono necessari non solo da parte delle nazioni donatrici ma anche da parte delle istituzioni multilaterali (Banca Africana di Sviluppo, Commissione Economica per l’Africa, FMI, Banca Mondiale). Nazioni donatrici ed istituzioni multilaterali, dovranno quindi assegnare una priorità assoluta allo sviluppo dell’Africa. Le nazioni ricche devono impegnarsi per concedere lo 0,7 del proprio reddito annuo, in aiuti. Per i paesi dell’Africa sub Sahariana e per gli altri paesi poveri, come già iniziato, l’obiettivo sarà quello di cancellare il 100% del debito per il conseguimento degli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” (MDG).
CONCLUSIONE.
Sarà necessario realizzare un nuovo tipo di collaborazione basato sul rispetto e la solidarietà reciproci. Considerando i recenti sviluppi positivi registrati in Africa, si potrà accelerare l’avanzamento verso un mondo più giusto di cui l’Africa sia parte integrante.
I lavori del CFS, come è stato accennato, hanno visto la partecipazione di molti capi di stato o di governo e di responsabili di agenzie ONU. Alcuni di questi, sono stati anche relatori in questi eventi collaterali tenutisi nel corso delle tre giornate.
Lelio Bernardi: Giornalista Agricolo, membro del Consiglio esecutivo dell’ UNAGA e dell’ IFAJ. lelio.bernardi@libero.it


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