Il no degli obbligazionisti al piano di salvataggio del cda guidato da Fontana rende vana l’assemblea. Le tappe della crisi partono dal novembre 2002 quando il gruppo cirio, guidato da Sergio Cagnotti, rivela di non essere in grado di rimborsare un prestito obbligazionario di 150milioni di euro. Il 19 viene dichiarato il default di tutti i sette prestiti della Cirio. Nel gennaio del 2003 Cragnotti lascia la presidenza della Lazio, abbandona la guida della Cirio, ma resta nel cda. Alla presidenza arriva Gianni Fontana. Nel febbraio la Consob impone alla Cirio di svelare i conti 2003. Emergono perdite per 144 milioni di euro, mentre l’indebitamento netto a fine anno è a quota 693 milioni di euro. Nel maggio il Cda vara il piano finanziario. Agli obbligazionisti viene proposto un diverso grado di sacrificio sul capitale attraverso la conversione dei quattro crediti in azioni con un aumento da 450 milioni. Luglio 2003: il 28 l’assemblea degli obbligazionisti boccia il piano di ristrutturazione del debito, il 29 il Cda chiede il rinvio dell’assemblea degli azionisti, il 31, oggi, l’assemblea degli azionisti decide la liquidazione. Intanto piove sul bagnato, le Procure di Monza e Roma hanno aperto un’inchiesta a seguito di denunce dei risparmiatori. Sono oltre 30mila i risparmiatori italiani che avevano creduto nel marchio napoletano. E se ci saranno crediti da spartire saranno gli ultimi ad averli.


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