27. Vino: solfitazione. (1)
Una pratica di fondamentale importanza che precede la pigiatura è la solfitazione, cioè il trattamento delle uve con anidride solforosa. In molte zone, fra i vecchi vignaioli è ancora diffusa la convinzione che la pratica della solfitazione costituisca una terapia, da adottarsi quindi solo in annate particolarmente sfavorevoli o in presenza di uve malate. In realtà questo intervento costituisce l’unico presidio antisettico attualmente a disposizione del vinificatore.
L’effetto della solfitazione è infatti duplice: antisettico e selettivo. L’azione microbicida dell’anidride solforosa è particolarmente energica sui batteri portatori di alterazioni, mentre è quasi nulla sul lievito principale che presiede la fermentazione alcolica. L’uso di anidride solforosa è permesso dalla legge ma deve stare entro limiti precisi, in quanto in alte dosi essa non è né insipida né inodore e può essere farmacologicamente dannosa.
Oltre agli effetti principali segnalati, la pratica della solfitazione ne ha altri che si elencano in seguito, dai quali si potrà comprendere perché lo zolfo ricorra così spesso nelle varie e successive fasi della produzione del vino, nel trattamento delle botti, ecc.:
– antiossidante, diminuisce l’azione dell’ossigeno che tende ad ingiallire il colore dei vini anche giovani;
– antiossidasico, frena l’attività degli enzimi e quindi combatte il rischio di intorbidamento del vino a contatto con l’aria;
– rallenta l’andamento della fermentazione tumultuosa eliminando i rischi derivanti da un eccessivo riscaldamento dei mosti.


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