Terrorismo e microcriminalità, emozioni forti per Napoli. No, non siamo più nella città dell’amore, del canto, del sole. Ieri, Giampaolo Rugarli, su “la Repubblica” ha descritto con simpatica e apprezzabile ironia “la violenza nelle strade del sole”. E, come se non bastasse, il ministro Pisanu continua a rilanciare l’allarme della presenza di estremisti islamici all’ombra del Vesuvio. Una città, insomma, presa tra due fuochi. In questi mesi è stata registrata una forte recrudescenza di rapine, furti e scippi, tanto che gli operatori turistici hanno inserito Napoli nelle mappe metropolitane a forte rischio. Un invito chiaro a non visitare i luoghi più suggestivi per evitare sgradite sorprese.
Lunga la lista, purtroppo di crocieristi e semplici visitatori finiti in ospedale per qualche orologio di valore o per qualche euro-patier che faceva capolino da un borsellino. Sì, è la Napoli dove il terrore ha la doppia valenza: una elargita da una microcriminalità spavalda e una proveniente da un mondo lontano, ovvero, dal fanatismo islamico. La città, in questo habitat vive la sua quotidianità. Non voglio osare aggiungere a siffatte “perle” anche le trappole dei lavori-lumaca in corso, perché, oltre a turisti dovremmo allontanarci anche noi. Nel mondo si difende ovunque la risorsa economica portata dai turisti, qui, purtroppo, non si riesce ad ostacolare, con reale efficacia gli autori delle violenze descritte. Qualche mese fa sono stato in Tunisia. Ho potuto constatare la “sacralità” di chi veniva da fuori. La sorveglianza della polizia era quasi invisibile. Tranquillità assoluta per coloro che si aggiravano nei mercatini. Lì il rischio, come altrove, poteva essere rappresentato da qualche scheggia del fondamentalismo, per il resto, nulla da temere per gli… infedeli. Le bestie metropolitane partenopee, invece, fanno l’opposto. Le prede ambite, guarda caso, sono coloro che si avventurano fuori dal porto o dagli alberghi, mentre si coprono omertosamente le cellule eversive islamiche. A Napoli algerini, marocchini e pachistani si sono inseriti stabilmente. Con le attività commerciali, una parte di loro costituisce le stazioni intermedie di quella rete di tutela e complicità con chi vuole eliminare fisicamente i “crociati del terzo millennio”.
Napoli, una volta annoverata tra le capitali europee per cultura e civiltà, ora si è trasformata, secondo gli allarmi dei vari servizi, in una centrale di falsificazione di documenti per i clandestini e per i cultori dell’ostracismo suicida in nome di Allah. L’anello di congiunzione, probabilmente, con le tradizionali famiglie malavitose saranno stati i traffici d’armi e di droga. Non si spiegherebbe diversamente, il lasciapassare d’insediamento concesso. A Napoli, in verità si sono registrate anche positive operazioni che hanno portato alla decapitazione dei vertici di qualche pericolosa cellula, in virtù di un’inchiesta condotta dai magistrati Cantelmo e Zeuli. Ma ci sono state anche facili scarcerazioni, con la successiva sparizione degli indagati. Nel marzo 2004 scattò un allarme sull’asse Udine-Napoli-Salerno per il gruppo “Predicazione e combattimento”. Le indagini condussero a Poggiomarino, San Giuseppe Vesuviano e Scafati. Ora gli arresti eseguiti a Sant’Antimo per la stamperia di documenti falsi avvalorano le tesi di quanti sostengono che Napoli e la Campania sono un crocevia strategico delle trame fondamentaliste.
Sì Napoli è stretta tra due fuochi: quello della violenza metropolitana e quello dei terroristi islamici. Lo ribadiamo con fermezza. Meno male che il Vesuvio continua a dormire….
Francesco Landolfo (nella foto)


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