L’Ingannevole “Senza” delle Etichette Alimentare
Il mercato alimentare, in particolare quello dolciario, è stagnante da molto tempo. Le imprese che operano nel settore sono impegnate a trovare nuove strategie per catturare quei clienti che o hanno abbandonato o difficilmente si spostano da un prodotto all’altro.
Le 4P del marketing (product, price, place, promotion) non sono più sufficienti per attirare il consumatore. La quinta P, il packaging, è lo strumento impiegato per invogliare il consumatore che si trova a scegliere tra due prodotti. La scelta del consumatore avviene metaforicamente allo scaffale su cui riposano prodotti diversi. Il packaging è strumento di informazione ma anche di promozione. Ci informa del contenuto ma prova anche a conviverci che quello stesso contenuto è meglio degli altri prodotti.
COSA CERCA IL CONSUMATORE? Come gli studi comportamentali e cognitivi dimostrano, cerchiamo informazioni, ma vogliamo anche essere rassicurati che quel che mangeremo è salutare e non ci farà male. Ma non siamo dei medici o dei nutrizionisti, o meglio ci ergiamo a medici e nutrizionisti sulla base di ciò che è stato condiviso con noi prima di fare acquisti. Non è solo la pubblicità, ma il bombardamento mediatico di cui siamo gioiosamente partecipi. Non siamo vittime, ma, ci illudiamo di essere consum-attori, come qualcuno ci definisce.
COME INTERAGIAMO CON I MEDIA? I messaggi che riceviamo sollecitano più nostra emotività che il senso critico. Cerchiamo infatti, come le ricerche dimostrano, la conferma dei pregiudizi che abbiamo formato nel tempo, ed evitiamo l’indagine sperimentale, rifiutando tutto ciò che non ci piace.
PERCHÉ È IMPORTANTE? Quando compriamo un acquisto lo sulla base dei pregiudizi che abbiamo maturato. Così quando ci apprestiamo ad acquistare un prodotto lo facciamo cercando in esso la rassicurazione rispetto a quello in cui crediamo. Il “senza” ci conforta dalla presenza di qualche cosa che siamo portati ad evitare, o che siamo stati indotti ad evitare.
SENZA RAGIONE E CON PREGIUDIZIO L’avversione ingiustificata a certi ingredienti che il senza ci rassicura, matura nella nostra emotività. Il rifiuto è irrazionale, non ha alcun fondamento scientifico. Il glutine è forse l’esempio migliore. I celiaci sono solamente l’1-2% della popolazione, ma ben 6 milioni di italiani (ossia il 10%) pur non soffrendo di celiachia acquistano prodotti “gluten free”.
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SENZA OGM, SENZA OLIO DI PALMA Ancora più evidente con l’olio di palma. Come le ricerche che stiamo sviluppando dimostrano, una volta rassicurati dal senza in etichetta non ci interessa comprendere con cosa sia stato sostituito. Ci auto-censuriamo perché non vogliamo scoprire che i valori nutrizionali non sono migliorati così come altri aspetti sociali o ambientali.
FAKE-NEWS E PACKAGING La diffusione delle fake news, su glutine, OGM e olio di palma, per esempio, eccita l’emotività del consumatore che poi trova conferma e rassicurazione sull’etichetta. Ci convinciamo acriticamente che qualche cosa fa male mentre l’etichetta conferma che il nostro acquisto è coerente con quello in cui crediamo, rafforzando la nostra etica.
IL PROBLEMA È CHE SIAMO STATI MANIPOLATI Soprattutto quando la fake news è stata diffusa ad arte da coloro da cui acquistiamo e ai quali ci affidiamo con fiducia. Non solo crediamo che quel senza vuole dire salute. Accogliamo anche le fake che veicolano ad arte.
CHE FARE? Molte imprese si appellano all’etica, è il loro mantra quotidiano con cui ci ossessionano. Ma poi cascano in questi tranelli commerciali. Ancora, il caso dell’olio di palma è emblematico.
Noi cittadini possiamo però tutelarci garantendo il nostro diritto di scelta. COME? Con la scienza e il metodo sperimentale. Confutando le news che riceviamo, e osservando meglio la confezione che dice senza.
UN ESEMPIO? Si elimina l’olio di palma e lo sostituisce con il burro o l’olio di girasole. Si racconta al consumatore che è per ridurre i grassi saturi e per difendere il pianeta, e il consum-attore rassicurato premia il prodotto virtuoso, ignorando il fatto che i grassi saturi sono più o meno gli stessi e che la produzione dell’ingrediente alternativo non è affatto più sostenibile. Alla fine vissero tutti felici e contenti: aumentano le quote di mercato, i consum-attori sono soddisfatti e gratificati da promozioni e rassicuranti spot pubblicitari. Perché alla linea e agli oranghi ci tengono. Ai milioni di contadini sud-est asiatico un po’ meno.
Competere ha intrapreso un’attività di analisi del packaging e delle etichette, in particolare quelle senza, per aiutare le imprese a competere sul mercato senza manipolare i consumatori e sviluppando un business autenticamente sostenibile e socialmente responsabile.
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