Vincenzo Russo: i fiori, ovvero il colore delle parole. Un linguaggio per tutte le età.
I fiori oltre al potere di incantare, hanno il compito di testimoniare il percorso della vita, esattamente dal giorno in cui tua madre spinge per farti vedere la luce del mondo, fino a quando quella luce si spegne tra le lacrime di chi resta ed il sorriso di Chi ti aspetta. Durante il percorso, tante piccole tappe, dove regna sovrano, il Principe dei sentimenti: l’amore. La simbologia dei fiori, raggiunge il suo apogeo a metà dell’Ottocento, in Inghilterra, quando sovrana, regna la Regina Vittoria.
Spesso utilizziamo la frase “ Sono cose da Turchi “, per commentare un qualcosa che non ci appartiene, un qualcosa che è eccezionale per la misura in cui si rivela. Infatti è proprio a loro che deve attribuirsi il linguaggio dei fiori, loro li utilizzavano per recapitare messaggi amorosi in codice nell’harem.
Dal 1716 al 1718, Lady Mary Wortley Montagu, moglie dell’ambasciatore inglese in Turchia, visse “ fumando “ (come una turca s’intende ), fu colpita da questa romantica epidemia che di riflesso poi diffuse sull’isola. Gli anemoni, sono il simbolo dell’oblio; un giacinto ai tempi della mitologia greca esprimeva dolore; una calendula è l’incarnazione della sofferenza.
In un mondo sempre di corsa, figuriamoci se si ha il tempo per “complicarsi” la vita, quando decidiamo di dire “ti amo”, utilizzando i fiori. Sono sufficienti allora alcune nozioni: il rosso indica la passione, il bianco la purezza, il rosa la tenerezza, il giallo è l’oblio, il viola è la modestia, oltre ad essere il colore delle femministe.
Oggi tuttavia, con l’avvento dell’Euro, un mazzo di fiori costa talmente tanto, che si apprezza il gesto, senza soffermarsi sui particolari.
Ma i fiori sono anche qualcosa che ci appartiene a seconda dei casi. Le margherite selvatiche, durante l’adolescenza di ognuno, sono state l’indicatore unico per addobbare il nostro cuore: m’ama…non m’ama; il narciso, fiore della vanità e dell’egoismo, il cui nome deriva dal mito greco Narciso, così innamorato della propria immagine riflessa nell’acqua, che nel tentativo di baciarsi, affogò; il papavero, fiore dell’oppio, rappresenta il sollievo dal dolore, per gli inglesi il sangue dei caduti in guerra; i gerani dal loro odore amaro, a seconda dei colori indicano tristezza, delusione, conforto; la lavanda significa diffidenza; violette e gelsomini possiedono proprietà afrodisiache, soprattutto di notte; i lillà sono il simbolo dell’umiltà, a partire dal Rinascimento, a questo fiore si attribuisce il potere di eccitare gli uomini.
Una leggenda Austriaca narra che due giovani innamorati passeggiavano sulle rive del Danubio, quando la ragazza vede galleggiare sull’acqua un fiore di colore azzurro, che le piacerebbe avere.Il giovane si tuffa ed è travolto dalla corrente, riesce a raggiungere il fiore e lo lancia alla ragazza dicendole “ non ti scordar di me “, da qui l’omonimo fiore che sarebbe più opportuno chiamare “ non vi scordate di me , e tutto il mondo in coro gli avrebbe lanciato, in senso di apprezzamento, tanti “ ‘e comme se fà“; il giglio precede un messaggio, questo è un fiore particolare, in alcune culture del Medio Oriente e del Mediterraneo, unitamente all’orchidea, grazie alla sua forma è associato ad un posto nascosto dove gli uomini provano un gran piacere; ma è anche il fiore della purezza, della Vergine Maria, è l’emblema della Francia, di quel Paese che a Napoli lasciò in eredità il famoso “ Viale Elena “ che porta a Mergellina.
Proprio qui in Via Galiani, dove uno spicchio di mare insaporisce il vicolo, incontrastato custode della mitologia dei fiori, “ Il Piccolo fiore “,dove Paolo, Gianni ed Anna, conservano le millenarie tradizioni del “Ditelo con i fiori “, a questo punto hanno mille ragioni, per difendere la maniera più romantica di dire le cose, come “Nonno schiavone” all’anagrafe Vincenzo, che confeziona mazzi da circa sessant’anni, da quando a partire dal dopoguerra, offriva fiori ai passanti comodamente seduto alle spalle del suo banchetto nel mercatino della “Torretta”.
Lo schiavone era un garofano di quando lui ancora non aveva l’amorosa, oggi non è più in commercio, da lì il soprannome. “Lo schiavone” è un’artista, rispetta le tradizioni e consiglia di accompagnare i messaggi d’amore con gli artigianali pezzi di “ Tiziana “. Uno su tutti, la nostra amata maschera, Pulcinella.
Quando gli chiedo qual è per lui il fiore più bello, con tanta semplicità: “ I fiori di campo, sono semplici ed in sé hanno tutti i colori del mondo.“
Comunicare, senza proferir parola, rendere felice un cuore , al solo profumo di una rosa: “ E’ per me ? “.
Ad ogni fiore un messaggio, ed ogni fiore è un dono della natura, resta saldamente piantato alla terra, per esaltare un nobile gesto, quello di coglierlo. “ ‘O sciore cchiù felice è chillo senza radice “,cantano gli Alma Megretta, e tutti concordiamo circa quell’immenso valore che è la libertà, e lui svolazza per il mondo, senza possibilità alcuna di coglierlo, depositandosi dove gli pare, sulla cupola di una Moschea, o tra i “sanpietrini” del Vaticano, perché nel suo profumo c’è il più universale dei messaggi: la Pace.
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