Brucellosi, aziende zootecniche in fibrillazione dopo il decreto assessoriale

Gli allevatori zootecnici delle aree interne, con in testa il vice presidente dell’Associazione Allevatori e Agricoltori Carmelo Galati Rando, chiedono con forza alcune modifiche al decreto dell’Assessorato regionale alla sanità del 26 ottobre 2017 inerente l’applicazione della circolare ministeriale sulla “brucellosi”.
La motivazione scaturisce dalla difficoltà d’applicazione dell’intero provvedimento, poiché, nonostante sia effettivamente necessario, non tiene conto delle condizioni degli allevamenti siciliani, ma anche meridionali.
L’associazione contesta il divieto di movimentazione degli animali che non tiene in seria considerazione le tipologie aziendali (brado e semi brado), esistenti nelle aree interne, caratterizzate da mancanza di ricoveri per gli animali, depositi di stoccaggio, con un’attività millenaria di transumanza e monticazione, allevamenti, che hanno bisogno, in base al periodo e alle esigenze, di essere tempestivamente movimentati in terreni più a valle o viceversa, nel caso di forte maltempo o di mancanza di pascolo, previste, intrinsecamente nel concetto anche di “benessere animale”.
Gli allevatori fanno rilevare anche che il comportamento stesso degli animali e delle problematiche che possono sorgere man mano che aumenta l’età dei soggetti maschi presenti in allevamento.
Rientra tra le tecniche di miglioramento per le aziende brade da carne, linea vacca-vitello, delle aree interne, l’inserimento di tori certificati da carne in allevamento, con l’unico scopo di migliorare la genetica ed ottenere soggetti migliori, facilmente commercializzabili.
Ovviamente, i vitelli maschi nati in allevamento, devono essere venduti entro l’anno di vita, in quanto entrano in conflitto con i tori ogni qual volta una vacca va in calore, pare opportuno, in considerazione che queste aziende non hanno strutture idonee ad isolare ed ingrassare gli animali per poterli in un secondo momento condurre al macello, ed è pure difficile ottenere, per la costruzioni di specifiche strutture, autorizzazioni in aree di Riserva o di Parchi, il divieto assoluto di movimentazione e quindi di commercializzazione verso strutture di ingrasso, tende a scatenare conflitti tra gli animali all’interno delle aziende che sono del tutto insostenibili.
Gli allevatori, in un clima di sinergia con le autorità sanitarie, hanno anche indicato modifiche al decreto assessoriale, dando delle soluzioni dettate da esperienze orami secolari, con questa zoonosi, come ad esempio: “le aziende dovrebbero essere assoggettate all’obbligo di abbattere immediatamente i capi infetti e continuare l’attività sanitaria nei luoghi dove storicamente e periodicamente gli animali si recano a svernare o monticare facendo le opportune segnalazioni alle ASP competenti”.
“Inoltre arrivano all’associazione molte segnalazioni di casi nelle quali le aziende, dopo molti anni di qualifica “ufficialmente indenne” ricadono nel baratro di focolai improvvisi che stanno decimando i nostri allevamenti mettendo in ginocchio, sotto il profilo economico, un intero settore. Ciò anche perché, la natura dell’allevamento allo stato brado, non consente di porre l’azienda al riparo da eventuali focolai esistenti provenienti anche da allevamenti non censiti. Conseguentemente, l’abbattimento ed il divieto di movimentazione si appalesano assolutamente inidonei a tutelare l’interesse sanitario perseguito.
Qualche tempo fa, proprio per questo scopo, esistevano le stalle di finissaggio, e l’unico tallone di Achille di queste strutture era la mancanza dei boli endoruminali.
Essendo, quindi, generalizzata oltre che obbligatoria l’applicazione dei boli endoruminali, la riapertura di questo canale di vendita consentirebbe alla struttura sanitaria di avere tutto il quadro chiaro della situazione e la certezza assoluta che i vitelli nati in aziende infette, ormai divenuti ”tracciabili” vadano regolarmente al macello” e al riguardo suggeriscono la soppressione dei commi 2,3 – Art. 6 del D.A. poiché in tal modo emergerebbe l’eventuale sommerso, toglierebbe qualche catena all’allevatore e non permetterebbe più ai commercianti di poter eventualmente scambiare dei soggetti in frode alle legge e in danno degli allevatori medesimi.
In considerazione di ciò, si evidenzia la necessità urgente di iniziare a vaccinare tutte le rimonte di tutti gli allevamenti bradi linea vacca-vitello soprattutto in prov. di Messina dove il 73% delle aziende non ha la qualifica di “ufficialmente indenne” (dati BDN del 06-09-2017) con lo stesso presidio immunizzante che ha debellato la brucellosi in America e cioè con l’RB-51. Lo stesso Ministero, già nel 2009 trasmetteva una nota favorevole in tal senso nei territori con elevata incidenza di infezione”.
La richiesta di modifica alla predetta circolare è stata inviata all’ Avv. Ruggero Razza Assessore alla Salute della Regione Siciliana, all’Ing. Salvatore Giglione Dirigente Generale dipartimento ASOE, al Dott. Antonino Nazareno Virga Dirigente responsabile – Servizio 10 Sanità veterinaria, a tutti i deputati regionali e nazionali.
Il 2018 per gli allevatori, oltre alla siccità di gran parte delle aree siciliane, i ritardi dei pagamenti dei premi di AGEA, palesa anche questa preoccupazione che mette in crisi migliaia di posti di lavoro e rischia di cancellare per sempre la millenaria attività zootecnica.
dal web sicilia agricoltura di Mario Liberto brucellosi 13 gennaio 2018 e foto

Categorie: Slow Food

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