L’occhio delle onde gravitazionali vede per la prima volta i buchi neri
Lo studio ha analizzato quattro osservazioni, che in due anni non sono affatto poche, per dedurre alcuni dati su questi corpi celesti. È una rivoluzione per l’astronomia
di ELENA DUSI

24 agosto 2017
ROMA  – Trovandosi per la prima volta di fronte a un buco nero, sono tante le domande che uno scienziato vorrebbe fargli. Curiosamente, il primo aspetto svelato da quel “nuovo occhio” dell’astronomia che sono le onde gravitazionali – l’unico metodo, finora, capace di rivelare in modo diretto l’esistenza di questi misteriosi abitanti del cosmo – riguarda la vita sentimentale dei buchi neri.
“Esiste una categoria di buchi neri che vive in coppia. Ruotando l’uno attorno all’altro, i due oggetti a volte finiscono per scontrarsi” spiega Alberto Vecchio, laurea in fisica a Pavia, oggi all’università di Birmingham. In questo caso avviene un cataclisma capace di scuotere i pilastri dell’universo. E di generare onde gravitazionali.
Teorizzate da Einstein un secolo fa, le onde gravitazionali sono state osservate per la prima volta solo nel 2015, grazie a uno strumento che si chiama antenna gravitazionale, si trova negli Stati Uniti e ha il nome di battesimo di Ligo. Smaltito l’entusiasmo per la scoperta, da un anno e mezzo gli scienziati sono al lavoro per estrarre più informazioni possibili da segnali che arrivano da miliardi di anni luce di distanza e durano una frazione di secondo. “Due sono le ipotesi” spiega Vecchio.
“I due buchi neri possono essere nati insieme, un po’ come una coppia che si è conosciuta al liceo ed è rimasta insieme tutta la vita. Oppure potrebbero essersi formati indipendentemente l’uno dall’altro in una zona dell’universo molto densa di stelle. L’ambiente dinamico gli avrebbe permesso di avvicinarsi. A un certo punto della loro vita si sarebbero incontrati per poi morire insieme. Al momento, se i buchi neri ruotano rapidamente, propendiamo per la seconda ipotesi, ma siamo nelle fasi iniziali dell’indagine. L’uso delle onde gravitazionali per capire i fenomeni del cosmo è ai primordi”.
Lo studio sui buchi neri, scritto da un gruppo di fisici di Birmingham e uscito su Nature, si basa sull’osservazione di quattro segnali di onde gravitazionali (uno dei quali molto debole) registrati tra settembre 2015 e gennaio 2017. Per avere una risposta più definita sull’origine di questi oggetti (che rappresentano la fase finale della vita di alcune stelle) e sul perché in alcuni casi decidano di vivere in coppia, i ricercatori avrebbero bisogno di almeno una decina di segnali.
Ma anche così, il passo avanti è enorme. “Fino a ieri avevamo solo prove indirette dell’esistenza dei buchi neri” spiega Vecchio. “Ne osserviamo ad esempio gli effetti sul moto delle stelle sfruttando le stesse leggi di Newton che gli astronomi dei secoli scorsi usarono per scoprire i pianeti del sistema solare. Oppure captiamo i raggi X emessi dalla materia che sta per essere inghiottita”. Applicando la relatività di Einstein ci si era anche divertiti a immaginare cosa sarebbe successo a un uomo tanto imprudente da avvicinarsi a un buco nero, finendo stirato per i piedi da questa sorta di aspirapolvere cosmico. “Ma oggi, per la prima volta, abbiamo osservato in maniera diretta il segnale emesso dal buco nero” sintetizza Vecchio. “E crediamo di essere solo al primo passo di un lungo percorso di esplorazione”.
Le quattro osservazioni di Ligo, infatti, riguardano una classe particolare di buchi neri: quelli grandi alcune decine di volte il Sole e disposti in sistemi binari. “Abbiamo calcolato che le loro collisioni, in ogni angolo nell’universo, si susseguono al ritmo di una ogni quarto d’ora”. Ma esistono anche altri tipi di buchi neri (al centro della nostra galassia ce n’è uno grande come 2,5 milioni di Soli) e di fenomeni che possono emettere onde gravitazionali, come le stelle di neutroni o le esplosioni di supernove. Ligo, che per la sua complessità funziona a singhiozzo ed è costretta a continue ricalibrazioni, nel suo periodo operativo ha individuato in media un’onda gravitazionale al mese.
Attualmente è in funzione anche la gemella italiana, l’antenna gravitazionale dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Virgo, che si trova a Càscina (Pisa). “Ora lavoriamo in contemporanea con Ligo” spiega l’ex coordinatore di Virgo, Fulvio Ricci. “Facendo osservazioni insieme possiamo individuare anche la direzione di provenienza dell’onda in cielo”. No comment è la replica di Ricci
alla notizia diffusa su Twitter da uno scienziato dell’università del Texas e ripresa da New Scientist. Per la prima volta sarebbe stata catturata un’onda di tipo nuovo, emessa da stelle di neutroni. “Aggiorniamoci al 25 agosto per un comunicato” si limitano a dire da Ligo.
Tags Argomenti: buchi neri nature communication Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Virgo
Protagonisti: Alberto Vecchio da repubblica.it


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