Rischia di passare un’interpretazione antimeridionale della Costituzione
replicando i problemi della legge 56
Il fatto che il Governo abbia deciso di costituirsi in giudizio davanti alla Corte Costituzionale contro il ricorso della Regione Campania sul Decreto legislativo 56/2000 sta provocando una vera tempesta di parole e prese di posizioni pressoché univoche. Per portare un po’ di chiarezza al dibattito in corso pubblichiamo per i nostri lettori internet l’ultima dichiarazione che ci è pervenuta dal Presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino e un articolo pubblicato il 14 settembre scorso da Il Mattino e firmato dall’esperto giornalista Marco Esposito.
1) – Decreto 56. Dichiarazione del Presidente Antonio Bassolino sulle decisioni adottate dal Consiglio dei Ministri.
“Il Consiglio dei Ministri di oggi ha deciso di costituirsi in giudizio davanti alla Corte Costituzionale contro il ricorso presentato dalla Regione Campania sul decreto legislativo 56 del 2000. E’ una decisione che contrasta con innumerevoli dichiarazioni di diversi Ministri, che si erano impegnati nelle settimane scorse per una rapida revoca del decreto. Ci è stato detto che quello del Governo è un atto dovuto. Ma se il Consiglio dei Ministri avesse revocato il decreto o nella Finanziaria (come aveva annunciato) o nella riunione di oggi, il nostro ricorso non avrebbe avuto più seguito e non ci sarebbe stato nessun motivo di costituirsi in giudizio davanti all’Alta Corte da parte dell’Esecutivo.Il decreto 56/2000 è un esempio di federalismo, voglio ancora una volta ricordarlo, che penalizza nel riparto dei fondi le Regioni meridionali e favorisce smaccatamente alcune delle Regioni del Centro-Nord.Avevamo dunque ragione a manifestare fondati dubbi sulla reale volontà della maggioranza di centrodestra di modificare il decreto, ed erano infondate le ottimistiche valutazioni di altri presidenti di Regioni meridionali. Abbiamo fatto bene a sostenere che si dovessero aspettare atti concreti.Continueremo la nostra battaglia contro un decreto varato dal centrosinistra e portato avanti e attuato dal centrodestra fino a quando non ci sarà, nero su bianco, una decisione modificativa del Consiglio dei Ministri.”
2) Decreto legislativo 56, articolo di Marco Esposito.
“I numeri sono due: 56 e 119. Non sono adatti per essere giocati al lotto e del resto il gioco sarebbe truccato: con il 56 (cioè con il decreto legislativo 56 del 2000) vincono sempre e solo le Regioni del Nord; con il 119 (cioè l’articolo 119 della Costituzione) la partita dovrebbe farsi più equilibrata, anche se proprio oggi il fronte del Nord conta di far passare un’interpretazione della Costituzione che danneggia ancora una volta le aree economicamente più deboli. Ecco i fatti. Il decreto 56 ripartisce dal 2001 al 2013 i fondi fra le quindici Regioni a statuto ordinario e lo fa distribuendo le risorse in proporzione ai consumi. Quindi più un’area è ricca, più denaro riceve per la sanità e i servizi sociali. È vero che il 56 prevede un fondo di perequazione, tuttavia questo si riduce anno per anno, strangolando in sostanza i bilanci delle Regioni meridionali come si sono accorte Campania e Puglia, che hanno presentato ricorso. Un meccanismo tanto scandaloso che lo stesso ministro delle Riforme, il leghista Roberto Calderoli, ha considerato giuste le proteste delle Regioni meridionali e si è augurato che nasca «un Bossi del Sud». Con l’applicazione dell’articolo 119 della Costituzione, attesa da tre anni, la musica dovrebbe cambiare. Nel testo della carta fondamentale della Repubblica, infatti, dall’ottobre 2001 è scritto che il fondo perequativo deve consentire a ogni Regione (ma anche Comune, Provincia e, quando ci sarà, Città metropolitana) di «finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». In italiano sembra una frase chiara. Eppure oggi si tenterà di forzare una lettura in favore della parte più ricca dell’Italia.
Oggi si riunisce per l’incontro decisivo, infatti, il «gruppo perequazione» dell’Alta commissione per il federalismo fiscale, l’organo che in base alla legge dovrebbe sciogliere il dilemma su come rendere operativo l’articolo 119. Il portavoce del «gruppo perequazione» è Maurizio Leo, deputato di Alleanza nazionale nato a Roma ed eletto in Piemonte, ma ciò nonostante con simpatie meridionali. È lo stesso Leo a non credere che il Sud possa ottenere che la perequazione copra il 100% dei divari. Cioè che il federalismo fiscale sia solidale e non «quasi» solidale, con il «quasi» interpretabile anno per anno. «Io sono per il 100% – dice – ma dobbiamo discutere e alla fine la scelta sarà politica». Il rischio è che il meccanismo sia più o meno il seguente: la Costituzione attribuisce alle Regioni compiti come la gestione della sanità e del sistema scolastico; ogni Regione impone delle tasse proprie e riceve una quota delle tasse nazionali riferita al territorio; per le Regioni con minore gettito arriva dallo Stato (perequazione verticale) un contributo che copre solo parzialmente il divario; quando il bilancio pubblico lo consente, lo Stato interviene con fondi aggiuntivi per le aree deboli, compensando l’insufficiente copertura della perequazione.
Un meccanismo già vissuto in passato, quando i fondi dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno erano spesi per realizzare opere che nel resto d’Italia erano ordinarie. Il solito gioco a perdere. Per il Sud. (Marco Esposito, Il Mattino)


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