Paolo Valentino: la carne degli hamburger dei fast-food tedeschi è buona, nutriente e con poco grasso.
Sorpresa, la carne dei fast food è buona. I risultati dei test: è nutriente e poco grasso ma senza patatine, salse e cola. Buono anche per i bambini. In questa corrispondenza che il giornalista Paolo Valentino ha inviato al suo giornale, il Corriere della Sera, si sfata un tabù che in Germania, però, non aveva mai preoccupato nessuno. Nel ringraziare l’autore per la chiarezza dell’esposizione fatta, lo riprendiamo per i nostri lettori internet certi di fare cosa gradita a tutti.

BERLINO -Gli hamburger dei fast-food? Un cibo sano, poco calorico e per nulla nemico di una corretta dieta per piccoli e adolescenti. Beh, non proprio tutti per la verità. E, soprattutto, non nel tradizionale abbinamento con patatine fritte, maionese e cola. Ma, in generale, è vero. Crolla un mito salutista: cheeseburger e compagnia sono sicuramente migliori della loro pessima reputazione. Attenzione, a dirlo non sono sconosciuti esperti nutrizionisti, in discreta missione per conto delle industrie. No, ad affermarlo sono gli incorruttibili ispettori della Stiftung Warentest, la Fondazione per il controllo dei prodotti, prestigiosa e autorevolissima sentinella a difesa del consumatore tedesco. Pubblicato nel numero da ieri in edicola del mensile Test , periodico della Fondazione, oltre 1 milione di copie vendute, lo studio prende in esame 19 burger , compresi quelli di McDonald’s, Burger King e Kentucky Fried Chicken. I risultati sono clamorosi: nove delle polpette esaminate ricevono il giudizio di qualità generale di gut , buono, in una scala di cinque livelli, che va da sehr gut , ottimo, al minimo di mangelhaft , scarso. Una sola è ausreichend , sufficiente.
Il trucco naturalmente c’è. E si vede. Ma nulla toglie all’importanza del risultato. E’ la stessa Stiftung Warentest, infatti, ad avvvertire che i buoni voti valgono solo se si escludono i tradizionali contorni. «Un hamburger con patatine, cola e magari una porzione extra di maionese non è un menù sano, è troppo calorico», spiega Birgit Rehlender, l’esperta che ha guidato il test. Il conto è presto fatto. Le calorie contenute in un cheeseburger semplice sono intorno alle 300. Ma, quando viene consumato con una piccola porzione di patatine (230 calorie) e un soft drink (130) il conto energetico schizza subito a oltre 660. E questo senza tenere conto di doppie polpette, maxiburger e quant’altro, cioè quelli preferiti dai ragazzini. Un solo esempio: un doppio hamburger con i tradizionali accompagnamenti equivale a 1.200 calorie, metà del fabbisogno giornaliero di un quattordicenne. Il miglior voto del test tedesco va al cheeseburger di McDonald’s. E non solo per il più basso contenuto calorico: «Ha il gusto che deve avere un burger, sa di carne e di griglia. E l’analisi degli ingredienti in laboratorio è convincente», è il parere degli ispettori. All’ultimo posto, il Chicken Supreme di Burger King, filetto di pollo panato e fritto infilato dentro una ciabatta, una bomba alimentare (570 calorie) giudicata «troppo panata, troppo salata, troppo speziata, troppo grassa» e l’unico dei prodotti esaminati bollato con uno «scarso». La prova della polpetta e il suo sorprendente risultato non impressionano però più di tanto dietologi e nutrizionisti. «Non si può mai dire in generale che un cibo sia poco sano o cattivo. E questo vale anche per gli hamburger. E poi, come conferma la stessa Stiftung Warentest, i suoi giudizi positivi non sono affatto un segnale verde per alimentarsi esclusivamente nelle catene di fast-food», dice Gunda Backes, dell’Istituto per la ricerca nutrizionale di Potsdam. Resta che, almeno in Germania, un buon voto della Fondazione per il controllo dei prodotti valga molto di più della più riuscita e costosa delle pubblicità. Viceversa, un giudizio negativo può avere effetti devastanti per il produttore. Furono i suoi segugi, due anni fa, a smascherare per primi il grande imbroglio della Deutsche Bahn, le ferrovie tedesche, dimostrando, a pochi mesi dalla sua entrata in vigore, che il nuovo sistema tariffario, lanciato all’insegna dello slogan «prezzi più bassi per tutti», aveva in realtà comportato un rincaro della maggior parte dei biglietti, soprattutto quelli per la distanze medio-grandi e quelli a tariffe agevolate. Il sistema venne radicalmente modificato. Nel 2001, una nota catena di supermercati decise immediatamente di togliere dagli scaffali il suo olio d’oliva di gamma più alta, dopo che l’analisi lo aveva bollato come appena «sufficiente». Al contrario, nello stesso anno, un piccolo imprenditore, proprietario di un colorificio, aveva dovuto costruire in fretta e furia una nuova linea di produzione per la sua pittura antiruggine, quando Test gli aveva assegnato il voto migliore su 40 concorrenti, facendo impennare la domanda. In Germania, la protezione del consumatore funziona così. Settimana per settimana, giorno per giorno, da Monaco ad Amburgo, da Kaiserslautern a Lipsia, ci sono in giro decine di persone, in missione segreta per conto della Fondazione. Comprano come normali e anonimi consumatori. Di tutto, di più: cellulari e lavastoviglie, dentifrici e profilattici, detersivi e creme di bellezza, gelati alla vaniglia e macchine fotografiche digitali, computer e seggiolini d’auto per bambini. O hamburger, appunto. Oppure si fingono utenti, a volte potenziali a volte reali, di assicurazioni, banche, agenzie di viaggio, aeroporti, ditte di trasporti, alberghi, perfino agenzie matrimoniali. Prodotti e servizi, ripuliti di ogni segno o logo, vengono poi sottoposti all’analisi spietata di istituti specializzati o panel di esperti indipendenti, sulla base di un dettagliato programma messo a punto dalla Fondazione. Il risultato delle prove e il voto vengono poi pubblicati su Test o FinanzTest , le due pubblicazioni dell’istituto, disponibili anche nella versione online ( www.stiftung-warentest.de ). Acquistarli e consultarli, prima di una scelta d’acquisto piccola o grande che sia, appartiene ormai ai riflessi condizionati del consumatore tedesco. Fece così, tempo fa, anche il ministro degli Esteri, Joschka Fischer, quando decise di acquistare un’auto. Comprò Test e, dopo attenta analisi, optò per una Fiat Punto. Fondata nel 1964 su iniziativa del cancelliere Adenauer, che ne garantì l’autonomia finanziaria iniziale, la Stiftung Warentest impiega 250 persone e ha un bilancio annuale pari a oltre 50 milioni di euro, coperto al 90% dalle vendite dei due mensili, che insieme sfiorano un milione di copie. Il restante 10% viene dal Ministero per la protezione dei consumatori. Quando, nel 1999, un’indagine dell’Istituto Forsa chiese ai tedeschi di indicare quale fosse, fra 12 istituzioni, quella in cui riponevano maggior fiducia, i cittadini dei 16 Länder misero la Stiftung Warentest al primo posto, davanti, nell’ordine, a polizia, Croce Rossa, Greenpeace, magistratura, sindacati e Chiese. (Paolo Valentino, Corriere della Sera, Scienza).


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