Nando Cirella: Acquario di Napoli, primo centro europeo per la cura e la riabilitazione delle tartarughe marine.
Pronto intervento dei biologi dell’Acquario di Napoli per il capodoglio spiaggiato “Pisacane”. L’hanno chiamato Pisacane, una femmina di capodoglio comparsa a luglio nella baia di Oliveto, lo specchio d’acqua sul quale si affacciano Sapri e Villamare, punta estrema del Cilento, in evidente stato di debilitazione fisica , orientato verso la costa, quindi verso lo spiaggiamento, segno che per i cetacei significa andare verso la morte, strano fenomeno che gli esperti non sanno ancora del tutto spiegare.
Appena avvistato il capodoglio, è stata allertata la stazione zoologica di Napoli, per un pronto intervento, atto alla salvaguardia e cura dell’animale. L’equipe di biologi intervenuti, ha fatto si che il cetaceo si allontanasse il più possibile dalla riva, e nel contempo con l’aiuto di veterinari del Centro studi sui Cetacei, prelevare due campioni di sangue, vista l’evidente emorragia in atto, che, da un primo esame ha escluso infezioni batteriche. Dopo giorni di costante monitoraggio e dopo abbondanti somministrazioni di calamari che hanno dato all’animale l’energia persa, l’equipe, ha notato un netto miglioramento e l’animale che dapprima puntava la costa, ha ripreso la retta via allontanandosi a largo e magari raggiungendo nuovamente il branco.
I biologi gridano al miracolo, perché convinti che il capodoglio non riuscisse a sopravvivere, ma purtroppo, anche se apparentemente sembra ripreso, non si ha la certezza che il cetaceo sopravviva, perché occorrerebbe un monitoraggio con collare satellitare, che seguirebbe l’animale in ogni suo spostamento,che spiega la biologa Flegra Bentivegna non è facile averlo e inoltre richiede mesi di prenotazione. Sicuramente è encomiabile l’operato dei biologi e veterinari della stazione Zoologica di Napoli, che instancabilmente, hanno lavorato giorno e notte scortando il cetaceo, come da sempre fanno, nei continui soccorsi alle tartarughe marine in difficoltà.
Infatti è dal 1983 che, sotto la guida di Flegra Bentivegna, l’Acquario Anton Dohrn di Napoli, sta portando avanti una vera e propria “campagna” a favore delle Tartarughe marine. Le popolazioni delle tre specie di tartarughe marine che vivono nel Mediterraneo (Caretta caretta, Chelonia mydas, Dermochelys coriacea) sono in netto decremento, le cause, sono da attribuirsi sia alla diminuzione delle spiagge atte alla nidificazione, sempre più invase dal turismo estivo, sia agli incidenti che avvengono in mare per inquinamento, collisioni con imbarcazioni, e apparecchi da pesca. Questo antichissimo animale è oggi, totalmente indifeso di fronte a queste insidie, che, lo stanno portando pian piano all’estinzione. Ogni anno la stazione conta decine e decine di soccorsi a esemplari di queste specie,in particolare la Caretta caretta, che è quella più diffusa, con malattie e ferite di tutti i generi, dalla semplice congiuntivite da inquinamento, a profondi squarci nel carapace causate da eliche di motoscafi. Il compito dell’Acquario e’ quello di recuperarle, curarle, riabilitarle, ed infine, liberarle in zone piu’ adatte alla loro sopravvivenza e riproduzione. Oltre alla salvaguardia delle tartarughe, la stazione, è impegnata da una serie di attività che la hanno messa al passo con gli acquari più moderni del mondo, nel campo della ricerca, della didattica e della protezione ambientale. Oggi, gli Acquari svolgono un ruolo di primaria importanza nella salvaguardia dell’ambiente marino, l’Acquario di Napoli, ricco di esperienza acquisita in piu’ di un secolo di storia, attua una vera e propria politica ambientale, perseguita attraverso due linee d’azione, una didattico-educativa e l’altra di ricerca e conservazione. La sezione didattica mira a sensibilizzare il pubblico, organizzando conferenze, mostre, seminari e campagne di informazione, per quanto riguarda l’attività di ricerca e conservazione dell’ambiente marino, sono in atto studi approfonditi, sugli organismi e animali marini, maggiormente colpiti dall’ inquinamento o dall’uso di reti a strascico e quindi in maggior pericolo di estinzione. Per tutte queste attività, l’Acquario di Napoli, è oggi riconosciuto, a livello internazionale come il centro europeo più qualificato per la ricerca, la cura e la riabilitazione, di tutti gli esseri che popolano l’ambiente marino. Nell’Acquario sono presenti compatibilmente con le esigenze di spazio e di adattamento, la maggior parte delle specie del Golfo di Napoli, che nonostante l’eccessivo inquinamento, rimane una delle zone piu’ ricche e rappresentative della fauna ittica mediterranea. Rispetto ai grandi acquari europei ed americani, imponenti e spettacolari, quello di Napoli appare molto semplice, e sicuramente dalle dimensioni piuttosto ridotte. Fu aperto al pubblico il 12 gennaio 1874, quando strutture del genere cominciavano appena ad apparire in Europa. Fin dal 1867, il naturalista tedesco Anton Dohrn, sostenitore delle nuove teorie darwiniane, ipotizzava l’idea di realizzare vicino al mare un Istituto per lo studio della biologia marina, che gli permettesse di mantenere in vita e studiare da vicino gli animali catturati. Fu così che nacque l’idea di dar vita ad un acquario pubblico facente parte della Stazione Zoologica, centro di ricerca sulla biologia marina, Dohrn, era convinto che una simile struttura potesse essere di grande aiuto alla ricerca e nel contempo contava di sostenere in parte le spese per i laboratori scientifici, con le entrate provenienti dalle visite all’acquario.
La progettazione fu affidata ad Alford Lloyd, ingegnere inglese famoso, per aver messo a punto, nel suo negozio di Portland road, un sistema di circolazione che permetteva di mantenere a lungo in vita gli animali in vasca, senza dover cambiare l’acqua. Per l’acquario di Napoli, Lloyd optò un sistema di circolazione che, data la particolare ubicazione dell’edificio, praticamente a trenta metri dalla riva, permetteva di pompare nei serbatoi, acqua direttamente dal mare. L’acquario di Napoli quindi era ed è ancora di tipo semiaperto, l’acqua pompata dal mare in due grossi bacini, viene immessa nelle vasche,dove da queste, torna nei bacini, nel corso di questo percorso circa un terzo dell’acqua viene sostituita. Prima di essere messa in circolazione, l’acqua, prelevata dal Golfo a 300 m. dalla costa e alla profondità di 11 metri, sosta in un serbatoio di decantazione. Le vasche di esposizione, la cui capacità variano da 250 a 69.000 litri, sono allestite con pietre vulcaniche naturali ed illuminate in gran parte con luce naturale. L’acquario più antico del mondo, immutato nel tempo, icona storica ottocentesca, per la sua unicità, non è soltanto un monumento storico o una mostra di animali marini, ma un importante centro dedito allo studio e alla prevenzione dei problemi ambientali, che collabora alla difesa della natura, alleva specie in rischio di estinzione e rilascia in mare esemplari di specie protette. Nando Cirella
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