Mercato canadese più lontano se salta l’accordo Ceta. Decisione pilatesca della Commissione Europea che rimanda ai singoli Stati la scelta di accettare il trattato che a questo punto appare decisamente a rischio con gravi ricadute anche per le imprese del vino italiane

Mercato canadese più lontano se salta l’accordo Ceta
Eravamo nelle settimane scorse, insieme ad alcuni rappresentanti di aziende del vino italiane, negli uffici del Consolato italiano di Vancouver in British Columbia a parlare con il console Massimiliano Iacchini. Un uomo decisamente vicino alle problematiche economiche delle nostre imprese sul mercato canadese. Ci eravamo lasciati con parole di estremo ottimismo alla luce, soprattutto, di quello che appariva un accordo imminente e cioè il Ceta (Comprehensive and Economic Trade Agreement) tra Ue e Canada che di fatto avrebbe facilitato fortemente, anche dal punto di vista burocratico, gli scambi commerciali tra i due paesi, compreso il vino ovviamente.
“Con l’accordo Ceta – ci spiegò il console Iacchini – di fatto per la prima volta si andava a minare anche l’impianto del sistema monopolistico introducendo praticamente l’eliminazione dei dazi doganali”.
Una notizia che potremmo definire “bomba” per tutte le imprese del vino che da tempo vedono proprio nella barriera monopolistica canadese il principale ostacolo ad uno sviluppo ancor più forte del nostro export sul mercato canadese.
E’ di questi giorni la decisione della Commissione Europea di non ratificare il Ceta tra UE e Canada e di delegare la decisione ai singoli Stati membri. Una sorta di azione pilatesca quella della Commissione Ue che di fatto adesso metta a serio rischio un trattato molto importante potenzialmente anche per le imprese del vino italiano. Un trattato, ricordiamo, di libero scambio tra Unione Europea e Canada che ha l’obiettivo di togliere tutte le barriere possibili per cercare di favorire lo scambio commerciale e la creazione di occupazione tra Paesi dell’Unione Europea e Canada.
Difficile prevedere adesso cosa potrà accadere ma la preoccupazione è che qualche paese non ratificando l’accordo possa mettere a rischio tutto l’impianto.
Ma questa ennesima vicenda di “conflittualità” tra Unione Europea e Paesi membri mette in risalto ulteriormente i limiti di una entità che fatica a diventare un vero e riconosciuto organismo di rappresentanza politica ed economica della nostra Europa.
Ci rendiamo conto che non è semplice conciliare interessi talvolta apparentemente contrastanti tra i diversi Paesi ma su temi come il “libero scambio” cioè la facilitazione della circolazione delle merci, dell’export ci sembrava facile individuare nella centralità dell’UE l’interlocutore ideale, ma evidentemente così non è stato.
E sarebbe interessante a questo punto capire chi frena su questi fronti per individuare chi di fatto è nemico di uno sviluppo serio dell’export europeo.
E’ chiaro, non siamo ingenui, che nella liberalizzazione degli scambi si guadagna sempre in qualcosa ma si deve essere anche pronti a “perdere” su qualche fronte, ma questo “rischio” se non accettato diventa un limite pericolosissimo per moltissimi nostri comparti economici, a partire dal vino.
Il mercato del vino canadese è in progressiva crescita e anche nel 2015 siamo cresciuti sia in volumi che in valore (esportati quasi 700 milioni di ettolitri per un valore vicino ai 300 milioni di euro) e ormai tutti i nostri produttori sanno come i filtri (burocrazia in primis) messi in atto dal sistema monopolistico nelle diverse province canadesi (ad eccezione dell’Alberta) oggi rappresentano il principale limite allo sviluppo del nostro export.
Speriamo che sia solo una battuta d’arresto e che presto il Ceta venga definitivamente approvato.
I produttori di vino italiano saranno sicuramente i primi a ringraziare.
Fabio Piccoli
da: WineMeridian Weekly [newsletter@winemeridian.com]


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