L’intervento di Giorgio Celli:
Saprà il lupo ritornare a essere il re dei boschi?
(nella foto l’etologo Giorgio Celli).

Voglio parlarvi di un equilibrio del tutto particolare, di quello che gli ecologi chiamano l’equilibrio della natura. Fin dai tempi più remoti, ci si era stupiti che le popolazioni degli animali restassero, nel tempo, abbastanza stabili, crescevano o diminuivano di numero secondo gli anni, ma con oscillazioni non vistose.
Sì, qualche volta un insetto diventava, in un bosco, molto più numeroso, e divorava quasi tutte le foglie degli alberi, ma, date tempo al tempo, finiva sempre per rientrare nell’ordine.
Il fenomeno trovò una spiegazione con Charles Darwin, che buttò sul tappeto la lotta per la vita. In parole povere, ogni essere vivente ha i suoi nemici, che gli impediscono di crescere imponentemente, come potrebbe se fosse lasciato fare.
La lotta per la vita costituisce, quindi, un fattore di equilibrio, che tiene ogni organismo al suo posto, in una specie di puzzle, che si ripete negli anni.
Questo equilibrio non è statico, ovviamente, ma dinamico, ed è come se la struttura ecologica girasse su se stessa.
Ma allora perché, a differenza di una foresta tropicale, nel campo coltivato, gli insetti dannosi, moltiplicandosi a oltranza, ci sottraggono una parte della produzione? La lotta per la vita, in agricoltura, si fa latitante? Per nulla, solo che funzione a scartamento ridotto, perché la stabilità di una struttura ecologica dipende dalla sua complessità, e dal momento che nel campo coltivato noi facciamo crescere una sola pianta, e perseguitiamo le altre come erbacce, gli insetti che condividono i nostri gusti rispetto agli alimenti vegetali si trovano al centro di un immenso self-service e crescono in maniera spropositata.
Mi piace ricordare quello che è successo nei parchi naturali dove, sconsideratamente, sono stati introdotti dei daini o dei caprioli. Queste bestiole, peraltro così graziose, sono delle grandi consumatrici di sostanze vegetali, e il popolamento botanico dei parchi che le ospitano, viene messo a dura prova dal loro imponente incremento demografico.
Insomma, questi ungulati ci danno così dentro con il loro pascolo, che le piante tendono a sparire, e, come sempre succede, la loro sparizione comporta l’affamamento degli animali che l’hanno provocata.
Perché, in natura, l’equilibrio sembra essere una delle grandi leggi che governano la convivenza tra organismi, squilibrare significa sempre provocare gravi disastri ecologici.
Perché non si può introdurre una specie senza che esista un suo nemico naturale che la tenga a bada. Purtroppo il lupo è quasi scomparso nei nostri boschi appenninici, solo ora sta dando dei segni di ripresa, ma non al punto da contenere efficacemente le popolazioni dei daini e dei caprioli.
Per cui, alla fine, se non si fanno le cose con un po’ di sapienza ecologica, si deve poi ricorrere a rimedi drastici e crudeli. Difatti, si conducono delle campagne di estesi abbattimenti degli animali in soprannumero, e vi assicuro che il massacro non costituisce uno spettacolo edificante.
Sarà capace il lupo di riconquistare nel tempo la sua funzione di regolatore degli ungulati, ritornando a essere il signore dei boschi? Come sempre succede, sterminandolo, l’uomo si è dato la zappa sui piedi.
Giorgio Celli
(da Tiscali animali e foto)


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