Le Scienze on line: I Campi Flegrei di nuovo attivi. Un mare di magma sotto il Vesuvio. La Tettonica delle zolle.

Per chi abita in Campania conoscere per tempo ciò che accade nelle zone vulcaniche della regione è sempre meglio che subirle quando non c’è più nulla da fare. Su “Scienza on line” abbiamo trovato questi tre articoli diversamente datati (il primo dei quali, però, quello sui Campi Flegrei, è del 23 agosto, ripreso anche dalla stampa locale) che riteniamo utili almeno per saperne di più. Anzi, ci piacerebbe ospitare anche il parere di chi si occupa direttamente di questi fenomeni.

23.08.2006 – Campi Flegrei di nuovo attivi
L’ultimo fenomeno bradisismico risaliva alla primavera del 2000. Le immagini acquisite dal satelltie ESA Envisat hanno rivelato che la regione vulcanica dei Campi Flegrei, vicino a Napoli, è entrata in una nuova fase attiva. I ricercatori dell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del CNR hanno sfruttato il sistema DInSAR (Differential SAR Interferometry) per mappare i cambiamenti della caldera, scoprendo che fra il 2005 e il 2006 l’area osservata ha subito un bradisismo negativo corrispondente a un innalzamento del terreno di 2,8 centimetri. DInSAR richiede l’eleborazione matematica di differenti immagini da satellite di uno stesso punto in tempi differenti, in modo da creare un’accurata mappa altimetrica della zona, sufficientemente precisa da consentire la rilevazione di cambiamenti altrimenti inosservabili.
La caldera dei Campi Flegrei, che ha un diametro di 13 chilometri circa, non ha eruttato da molti secoli, l’ultima eruzione risale infatti al 1538, ma è sempre geologicamente attiva, mostrando periodicamente movimenti bradisismici. L’ultimo risaliva al mesi di marzo-agosto 2000.
Storicamente il monitoraggio dei Campi Flegrei è svolto dall’Osservatorio Vesuviano, che è anche il più antico osservatorio vulcanologico del mondo. Dal 2002 esso può avvalersi, oltre che delle osservazioni dirette sul campo, dei dati forniti dai satelliti dell’ESA nel quadro del progetto MINERVA (Monitoring by Interferometric SAR of Environmental Risk in Volcanic Areas).
(Le Scienze S.p.A,)

17.11.2001- Un serbatoio di magma sotto il Vesuvio
È talmente vasto che non potrà essere svuotato dalla prossima eruzione Nuovi dati sismici riguardanti il Vesuvio suggeriscono la presenza di un serbatoio di magma largo 400 chilometri quadrati a circa otto chilometri di profondità sotto il vulcano. A questa conclusione è giunto un gruppo di ricercatori italiani e francesi, che hanno descritto i loro risultati sulla rivista “Science”. Secondo il dottor Paolo Gasparini, dell’Università Federico II di Napoli, l’aver localizzato questo serbatoio non servirà però a prevedere quando il vulcano erutterà ancora. Ciò nondimeno, la scoperta indica una zona sotto al vulcano che sicuramente deve essere tenuta sotto osservazione, perché potrebbe fornire indizi interessanti. Il serbatoio è talmente vasto che sicuramente non verrà svuotato dalla prossima eruzione che, secondo gli esperti, a seguito di un lungo periodo di tranquillità sarà probabilmente esplosiva. Al momento il Vesuvio è però molto tranquillo, ha un’attività sismica modesta ed emette gas vulcanici a bassa temperatura.
Per individuare il serbatoio è stata utilizzata una tecnica chiamata tomografia sismica, che fa uso di onde sismiche generate mediante esplosioni. I dati sulla direzione e sulla velocità di queste onde permettono di stabilire la struttura della crosta terrestre. Nel corso dello studio i ricercatori hanno usato ben 1800 esplosioni e varie stazioni di misura poste sugli Appennini, fino a 90 chilometri di distanza dal vulcano. (Le Scienze S.p.A.)

23.10.2001- Prevedere la tettonica delle zolle
Sulla costa orientale degli Stati uniti si è costituito uno strato di rocce sedimentarie spesso decine di chilometri Una ricerca svolta da un gruppo di ricercatori dell’Università del Minnesota ha mostrato come fra qualche milione di anni il fondo dell’oceano Atlantico inizierà a scivolare sotto all’America settentrionale, creando una trincea lunga quasi 4000 chilometri e, probabilmente, stimolando la formazione di nuovi vulcani. Questi processi sono stati descritti in un articolo pubblicato sulla rivista “Science”. La formazione di questa trincea inizierà fra tre e dieci milioni di anni e ne richiederà almeno altri tre per completarsi. Normalmente, le zolle tettoniche della crosta terrestre scivolano le une sotto le altre in un processo noto come subduzione. In questo modo si sono formate le profonde fosse dell’Oceano Pacifico e alcune delle più importanti catene montuose vulcaniche del mondo. Ora sembra che lo stesso destino attenda la costa est dell’America, ma su una scala molto maggiore rispetto a quella ovest. Le trincee lungo la costa occidentale sono infatti piccole, perché in quella zona ci sono numerose zone ma di piccole dimensioni. Ora i ricercatori hanno simulato il destino della costa orientale, dove i fiumi hanno accumulato sedimenti per 100 milioni di anni. Si è visto così che in questa regione è stato costruito uno strato di rocce sedimentarie spesso decine di chilometri, che comprime il fondo oceanico. Ma il fattore critico, secondo il professor David Yuen, sembra essere l’infiltrazione dell’acqua nelle rocce, che sono molto porose. Quando questo avviene, l’acqua agisce da lubrificante, rendendo le rocce meno resistenti alla deformazione e al movimento. La spinta viene invece dalla dorsale atlantica, dove stanno crescendo montagne sottomarine che spingono le rocce verso l’America. Prima o poi, il fondo sottomarino soccomberà a queste forze e inizierà a scivolare sotto la zolla continentale.
(Le Scienze S.p.A.)

Per saperne di più consultare su Le Scienze on line:
Similitudini sismiche – I movimenti tettonici – Una Terra scolpita dall’interno – In Antartide per rilevare la tettonica delle zolle. www.lescienze.it/index

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