Appena nati, l’unico appuntamento già fissato è quello con la morte. Si sa che tra questi due eventi c’è la grande avventura della vita che può durare un attimo, un anno, un secolo ed anche più. Con questa sentenza sulle spalle si tira a campare, a svolgere il ruolo predestinato, quello scelto nella comunità, e si sperimenta tutto: studio, gioia, delusione, amore, dolore, povertà, ricchezza, lavoro, carriera. Insomma, tutto ciò che nel percorso del cammino di ogni individuo, servirà a far parte del suo curriculum, utile per la formazione, la crescita e per aiutarlo a convivere con i propri simili. Tutto ciò dovrebbe essere concesso ad ognuno di noi contando sulla durata più o meno lunga della propria esistenza.
Invece, ogni tanto c’è un colpo basso della signora vestita di nero. Ogni tanto esce fuori dal seminato e va per campi a falciare all’improvviso: è la sua vendetta maligna su chi possiede il dono della vita. E nel gioco perverso, vince.
Ed è così che Alberto Marzaioli ha pagato il suo tributo alla signora morte, all’improvviso, senza alcun preallarme, senza il minimo preavviso, Alberto è stato tolto al suo mondo, alla sua famiglia, ai suoi amici e colleghi. E se n’è andato senza poter nemmeno salutare almeno la sua persona più cara. La morte è venuta e se l’è preso.
I giornalisti dell’Arga porgono le condoglianze a tutti i suoi cari e all’amico presidente che, nonostante il grande dolore, ha trovato le parole giuste per parlare di Alberto.
Francesco Landolfo, presidente dell’Arga della Campania,oggi opinionista del Roma, infatti, aveva conosciuto Alberto quando giovanissimo gli si era presentato perché voleva “fare il giornalista”.

“Alberto Marzaioli non c’è più. Giornalista di razza è stato sottratto all’affetto dei suoi cari dalla fatalità del destino. Trentaquattro anni, si era sposato nel luglio scorso con la dolce Patrizia e sorrideva alla vita. Amava gli spazi liberi e gli ampi orizzonti. Un malore, una duplice corsa in ospedale nella sua Maddaloni e la vita che si è spenta. La tragica notizia ha sconvolto i colleghi che lo conoscevano e il mondo politico-imprenditoriale con cui era in contatto per motivi professionali. Alberto era una quercia e instancabile sul lavoro. Attualmente era in organico a Napolipiù e si occupava di inchieste. Non a caso quando è stato colpito dai primi sintomi del malore stava concludendo un lavoro commissionatogli dal suo direttore Giorgio Gradogna. Ma Alberto nel suo dna aveva anche il nostro giornale e la Gazzetta di Caserta. Lo conobbi circa dieci anni fa quando guidavo la redazione del Roma di Terra di Lavoro. Un giorno me lo portò la collega Antonella Monaco e lo propose come corrispondente da Maddaloni. Scoprii un ragazzo che era puntiglioso nella ricerca di fatti e notizie che facevano presa sui lettori. Attualità, cronaca bianca e nera, politica, sport erano il suo forte. Insomma, dove lo mettevi Alberto non si tirava indietro. Ragionando in termini calcistici poteva rappresentare quel “giocatore universale” che ogni allenatore ambisce di avere nel proprio organico. Sfoderava il suo carattere quando meno te l’aspettavi. Con il sorriso sulle labbra e, magari con una piccola venatura umoristica, faceva valere le sue ragioni. Quando le nostre strade si separarono, ho sempre seguito i suoi passi. Spesso veniva a trovarmi in redazione in via Chiatamone. Questa sua improvvisa scomparsa, a noi romantici e sentimentali, fa perdere una parte di ciò che è più bello del nostro animo. Da cristiani dobbiamo credere che un giorno, vicino o lontano che sia, ci ritroveremo ancora una volta insieme. Alla sua inconsolabile Patrizia, agli addolorati genitori Antonia e Vincenzo, al fratello Giuseppe e ai colleghi di Napolipiù giunga il nostro fraterno abbraccio. Ciao Alberto, ci mancherai, eccome”.
Francesco Landolfo.


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