1) ISTRUZIONI DEL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE PER LA REDAZIONE DEL PIANO DEI CONTROLLI DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE.
PRIMA PARTE.
Introduzione. Il presente documento riporta le istruzioni per la redazione del piano di controllo secondo le modalità descritte dallo schema di controllo per i vini a D.O. Per tutte le attività si fa riferimento alla normativa vigente che disciplina i V.Q.P.R.D., in particolare alle seguenti norme: decreto del Presidente della Repubblica n. 162 de1 12 febbraio 1965 (in particolare, l’art. 20: poteri dei prefetti); legge n. 164 del 10 febbraio 1992; decreto n. 256 del 4 giugno 1997; decreto del 29 maggio 2001; decreto di approvazione del disciplinare di produzione. Il piano dovrà prevedere due tipologie di attività, strettamente collegate e conseguenti: a) attività di conoscenza della denominazione, basata sulle seguenti azioni obbligatorie: acquisizione dei dati relativi alla documentazione obbligatoria per gli utilizzatori della Docg/Doc, ivi compresi quelli necessari per la conoscenza dei movimenti interni alla denominazione. Tali dati consentiranno di conoscere in ogni momento la situazione reale della denominazione: vigneto, produzione di uva, giacenze, prodotto imbottigliato. Questa conoscenza permetterà di attuare il controllo di rispondenza quantitativa tra produzione e commercializzazione di ogni singola azienda e dell’intera denominazione. Su questi dati si baseranno inoltre le attività relative alle verifiche di conformità; b) attività di verifica di conformità delle azioni degli utilizzatori della Docg/Doc alle disposizioni dei disciplinari di produzione, esplicate attraverso: verifica della rispondenza quantitativa delle denunce di produzione, delle richieste di certificazione di idoneità (con parere di conformità obbligatorio), delle partite imbottigliate; verifiche ispettive di processo presso le aziende agricole produttrici di uva, presso le aziende di trasformazione delle uve, presso le aziende di imbottigliamento e confezionamento. Tali verifiche sono effettuate annualmente su un campione significativo pari ad un minimo del 25% della produzione rivendicata, con l’eccezione della verifica ispettiva relativa alla resa di uva massima ad ettaro, del 15% (*). Le modalità di controllo sono attuate come segue: ogni anno verranno controllate aziende che rappresentano almeno il 20% produzione complessiva rivendicata nell’anno precedente. (*) La riduzione al 10% della percentuale della produzione rivendicata da controllare ogni anno nel caso delle verifiche relative alla resa di uva massima ad ettaro, è motivata dal breve periodo in cui tale verifica risulta oggettivamente eseguibile in vigneto. Il controllo della resa potenziale è infatti possibile solamente dalla fine del mese di giugno alla vendemmia. Sopralluoghi relativi al 20% della produzione (+5%) comporterebbero per le denominazioni medio/grandi l’utilizzo di un numero elevatissimo di ispettori con costi e modalità organizzative difficilmente sostenibili. Resta inteso che il limite del 10% è da ritenersi minimo, non escludendo, pertanto, la possibilità di percentuali piu’ elevate. A partire dal secondo anno, verranno sorteggiate un numero di aziende già sottoposte a ispezione da riproporre a verifica che rappresentino almeno il 5% della produzione complessiva. Il controllo del 15% sulla resa massima di uva ad ettaro è effettuato sempre a campione. Elementi del piano dei controlli. 1. Soggetti. Devono essere individuati i soggetti effettivamente presenti nella filiera del vino a D.O. controllato, partendo dalla produzione primaria fino al soggetto produttore del prodotto finito certificato e pronto per la commercializzazione. Nel piano andranno riportati solo i soggetti – e quindi le relative righe – effettivamente presenti nella filiera.2. Fase di processo. Per ciascun soggetto precedentemente identificato occorre definire le fasi di processo “controllate” che devono essere adattate alla specifica realtà, prevedendo quelle effettivamente svolte dagli operatori.3. Requisito. Per ciascuna fase di processo precedentemente identificata devono essere “esplicitati” i requisiti minimi che ciascun soggetto deve possedere per poter partecipare al circuito della produzione tutelata. Tali requisiti sono quelli previsti dal disciplinare di produzione in ogni fase del processo produttivo.4. Acquisizione documentazione. Si intende la documentazione relativa al soggetto e alla fase di processo necessaria per verificare i requisiti e svolgere l’attività di controllo.5. Attività di controllo. Per ciascun requisito individuato occorre definire le attività di controllo per le verifiche di conformità.6. Tipo ed entità del controllo. Nello schema si riportano la tipologia del controllo e l’entità minima di esso. La tipologia del controllo è stata sinteticamente raggruppata in tre possibili categorie: un controllo di tipo documentale (indicata nello schema con la lettera D); un controllo di tipo ispettivo esercitato presso il soggetto (indicato con la lettera I), esso puo’ comprendere anche un controllo a campione della documentazione aziendale; un controllo di tipo analitico sul prodotto (indicato con la lettera A).7. Entità del controllo per anno. Per entità del controllo per anno (in %) s’intende la percentuale della produzione rivendicata dalle aziende controllate sul totale della denominazione, con le modalità indicate al punto 1, lettera b); ovviamente le percentuali indicate sono quelle minime, in quanto l’organismo di controllo puo’ effettuare controlli anche su percentuali piu’ elevate.8. Comunicazione del parere di conformità. È la trasmissione dei pareri di conformità derivanti dalle attività di controllo documentale, indispensabili per l’utilizzo della D.O. nelle varie fasi del processo. In particolare le CCIAA non potranno rilasciare le ricevute frazionate per la produzione delle uve a D.O. nè avviare le procedure di prelievo campioni per la certificazione di idoneità alla D.O. delle partite di vino senza il parere positivo di conformità del consorzio. Allo stesso modo le aziende imbottigliatrici non potranno procedere all’imbottigliamento senza il parere positivo di conformità (e il ricevimento dei contrassegni identificativi per le D.O.).9. Documentazione comunicata al MIPAF. In questa colonna sono riportati i documenti che, prodotti dall’organismo in seguito all’attività di controllo, devono essere comunicati al MIPAF secondo le modalità previste dal decreto ministeriale 29 maggio 2001.10. Non conformità. È l’elencazione delle non conformità possibili per ciascun requisito individuato. Lo schema prevede alcune ipotesi minime ed altre da esplicitare evidenziate con la dicitura “di vario tipo”.Ogni eventuale modifica “riduttiva” va opportunamente giustificata.11. Gravità della non conformità. Per ogni non conformità identificata specificare se lieve o grave. Per non conformità lieve s’intende la irregolarità che non ingenera presupposti di non conformità per la materia e per il prodotto, risolvibile con azioni correttive. Per non conformità grave si intendono le irregolarità che ingenerano presupposti di non conformità per la materia prima e per il prodotto ed irregolarità già considerate lievi, ma non risolte con azioni correttive. Nello schema viene riportata l’indicazione “grave” quale conseguenza del non soddisfacimento del requisito. Ogni eventuale modifica “riduttiva” va opportunamente giustificata.12. Trattamento della non conformità. Di fatto, si intende la comunicazione entro quindici giorni agli organi competenti (regione, CCIAA, ICRF, a seconda del caso) della non conformità riscontrata nelle attività di controllo.13. Azione correttiva. Per azione correttiva s’intende l’insieme delle azioni intraprese al fine di eliminare le cause di non conformità esistenti o potenziali. Nella colonna devono quindi essere specificati (quando la casella è evidenziata con la dicitura “di vario tipo”) gli interventi da adottare, che a titolo esemplificativo ma non esaustivo di seguito si riportano: a) intensificazione temporanea delle verifiche ispettive; b) intensificazione temporanea dei controlli analitici; c) intensificazione temporanea dei controlli documentali; d) informazioni tecniche e legislative. Inoltre, l’organismo deve provvedere ad elaborare ed adottare specifiche procedure per la gestione dei casi di reiterazione della medesima non conformità.
(segue seconda parte)
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