COMUNICATO STAMPA
Aversa 31 ottobre 2006
Pasquale Pisano, Presidente Calzaturieri Confindustria Caserta: “Il settore calzaturiero italiano deve essere tutelato”

“Il settore calzaturiero italiano deve essere tutelato. Le norme antidumping, da sole, non bastano a risollevare le sorti di un comparto messo a dura prova da una serie di fattori che lo stanno trascinando in una profonda crisi”.

Pasquale Pisano, Presidente Calzaturieri Confindustria Caserta, scende in campo a tutela del settore calzaturiero e lo fa con una presa di posizione ben precisa.

“Oggi, più che mai, è necessario lottare per l’obbligatorietà del marchio di origine sui prodotti importati. E’ l’unica via possibile per tutelare il consumatore, salvare l’occupazione, difendere la ricchezza del Paese e dare un avvenire ai nostri giovani. Il Governo italiano e l’Unione Europea non possono tirarsi indietro e nemmeno temporeggiare. Con l’adozione del marchio ‘I love Italian Shoes’, l’Anci (Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani), ha segnato la direzione”.

Il marchio riservato agli associati ne certifica la produzione realizzata in Italia, garantendone la qualità artigianale oltre che un design che tutto il mondo ci riconosce per raffinatezza e comodità.

E se le parole d’ordine sono garantire la trasparenza del mercato e salvaguardare l’occupazione, per Pisano migliorare la competitività non può prescindere dal problema delle contraffazioni.

“Il mercato del falso – afferma Pisano- rappresenta il 5 e il 7% del commercio mondiale (dati Ue). Il giro d’affari è valutato in 250 miliardi di dollari annui e la regione Campania, purtroppo, fa la sua parte. La pirateria è arrivata anche per loghi e marchi di fabbrica. Una concorrenza sleale che passa inoltre, anche per la delocalizzazione delle imprese, prima nell’est europeo e oggi soprattutto in Cina. Il basso costo della manodopera e l’assenza delle previdenze sociali spingono, infatti, molte aziende italiane produttrici di calzature, abbigliamento e moda, a investire e realizzare altrove i loro prodotti che poi rientrano in Italia, spesso per essere assemblati o direttamente venduti a prezzi bassissimi e con grandi margini di guadagno. E se è inutile gridare alla minaccia senza armarsi della strumentazione giusta a rigettarla, l’unica mossa per mettere il fenomeno in scacco è davvero la tutela internazionale del Made in Italy”.
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