IL CARO BENZINA E LE RECRIMINAZIONI DEI GESTORI
Gli automobilisti italiani non hanno potuto fare benzina nei giorni 7 e 8 febbraio perché la categoria dei benzinai è scesa in sciopero. Ma questo, hanno detto gli addetti ai lavori, è stato l’inizio di una vertenza che si presenta abbastanza tortuosa e lunga nel tempo creando difficoltà non solo agli utenti ma a tutto il comparto produttivo italiano. I motivi della vertenza ce li illustra il Vice-Presidente Nazionale Vincenzo Mosella, (nella foto), rappresentante campano della Figisc Anisa Confcommercio.

Dopo lo sciopero avete contattato il governo?
“Certo, ma questo Governo, sembra incapace di affrontare con fermezza la problematica del costo dei carburanti. Con la complicità di pseudo associazioni dei consumatori sta tentando, sulla pelle dei gestori, di recuperare quei consensi persi dopo aver imposto al paese decine di nuove tasse, che vanno ad aggiungersi a quelle regionali e comunali, e proprio con l’apporto di coloro che si definiscono “paladini dei consumatori. Tra l’altro, questo provvedimento genera disparità di trattamento anche tra i consumatori stessi; infatti, la grande distribuzione organizzata favorirà l’installazione di impianti di carburante attorno ai grossi centri abitati, non già nelle aree marginali del paese, ed allora avremo i consumatori di serie “A” che potranno acquistare il carburante con lo sconto attorno alle aree urbane densamente abitate e quelli di serie “B” in fondo alla vallata che pagheranno il carburante con gli interessi”.

Il governo sostiene che con l’apertura di nuovi impianti di distribuzione ci sarebbero nuovi posti di lavoro; una concorrenza più visibile e un risparmio per gli utenti.
“Niente di più inesatto. Non è con la cancellazione delle regole nel settore della distribuzione dei carburanti, voluta principalmente per favorire i grandi potentati economici quali la grande distribuzione organizzata e le compagnie petrolifere che si ottengono risultati a favore degli utenti. Infatti, in questo modo, cioè senza regole, il provvedimento governativo porterà alla chiusura di migliaia di impianti con la perdita del lavoro per oltre 30.000 persone, tra gestori e lavoratori dipendenti: Altro che nuovi posti di lavoro”.

E quali dovrebbero essere le regole che invocate?
“Quelle vigenti. Quelle che oggi impongono ad ogni esercente che per avere l’apertura di un impianto deve assoggettarsi alla presentazione di una serie di certificazioni che, tra l’altro, garantiscono sia chi vi lavora e sia chi fruisce dell’impianto. Abolendo le regole, diventerà un caos, perché ognuno farà quel che vuole. Ma poi, chi sopporterà gli altissimi costi derivanti dall’aumento della disoccupazione? I contribuenti. Certo, non li sopporteranno le compagnie petrolifere che, per mantenere i loro privilegi, si sono affrettate a chiedere al governo l’abolizione dei contratti di comodato, in modo da poter cacciare i gestori che per loro rappresentano solo un costo e non un patrimonio.”

Cacciando i gestori chi porterebbe avanti gli impianti?
“Sorgerebbero impianti fantasma. Cioè senza personale ed assistenza, dove il cliente si serve da solo, in barba anche a qualsiasi sorta di prevenzione e sicurezza. E’ il caso di ricordare che gli addetti del settore, maneggiando prodotti altamente infiammabili, frequentano corsi di prevenzione incendi e di pronto soccorso. Tutto ciò, nell’intento di garantire la massima sicurezza in fase di rifornimento dell’autoveicolo. Oppure potrebbero servirsi di persone assunte con la legge Biagi (i contratti a termine), la quale è operante in molti settori ma senza alcuna garanzia per i neo assunti. Questi, infatti, finito il periodo contrattuale, dovranno cercare lavoro altrove, e proprio mentre il governo di sinistra dice di voler garantire innanzi tutto la famiglia. Con queste nuove regole, cioè senza regole, un ex gestore, o un dipendente dell’impianto, non potrà più garantire alla sua famiglia un reddito sicuro. Cioè l’esatto contrario di quanto a Roma vanno scrivendo e dicendo! Per noi, quindi, si prospetta il crollo di un sistema che finora ha garantito e tutelato non solo i posti di lavoro di chi lavora alla pompa ma anche a decine di lavoratori dell’indotto. Non possiamo buttare al vento anni di sacrifici, di paure e di malattie, perché lo stare sulla strade a contatto coi gas dei carburanti, e con gente non sempre bendisposta, cioè delinquenti, espone a questi e ad altri rischi impensabili nell’arco delle 24 ore. Ecco, si ponga il governo questi interrogativi, magari rifletta sulle nostre problematiche e guardi con occhi diversi alla nostra categoria di lavoratori al servizio del pubblico, così come lo sono i tassisti, i medici, i sanitari, i dipendenti degli enti pubblici, ecc.. e non solo alle compagnie petrolifere, i cui profitti crescono sempre di più, mentre noi stiamo sempre coi centesimi contati in tasca”.

Tuttavia pare sia opinione comune che dalla vendita della benzina non è che ve la passiate male.
Chi lo dice non sa evidentemente come stanno le cose. Allora faccio un esempio. Un automobilista che alla data del 19.9.2005 ha comprato 50 euro di benzina, pari a litri 38,58, (equivalente al prezzo medio al pubblico di super senza piombo che costava euro 1,296), dovrebbe sapere che ha acquistato prima un litro di tasse e poi un litro di benzina!
Le faccio la suddivisione: 30,09 di quei 50 euro vanno allo stato (21,76 di accisa e 8,33 di Iva); 15,35 euro per l’acquisto della materia prima (prezzo internazionale); euro 4,55 ai petrolieri (ricavo lordo) il restante 1,29 euro è il margine costante per litro al gestore.
Voglio far riflettere ancora su un punto. Prima delle tasse, accisa (ex imposta di fabbricazione) ed Iva, un litro di benzina costava euro 0,55, vale a dire 1064 delle vecchie lire. Meno di una bottiglia di acqua minerale! L’alto costo della benzina non dipende certo dai gestori che dall’aumento del prezzo e dalla diminuzione di consumi hanno tutto da perdere. Il loro margine di guadagno netto è pari a 65 delle vecchie lire per litro. Da questa somma bisogna pagare anche gli addetti; non è che il gestore ci sta da solo alla pompa. E le spese non sono poche. Tenga presente che l’esempio relativo al 2005 è sempre valido, perché sono due anni che il prezzo alla pompa è quasi uguale per i gestori. Spero, dopo questo, che non si continui a dare la colpa ai gestori.

C’è una proposta alternativa degli esercenti ?
Certo, e Roma ne è stata informata per tempo. Noi abbiamo posto il seguente quesito: perché le compagnie petrolifere non concedono ai gestori gli stessi sconti che riservano alla grande distribuzione, realizzando quella parità di condizioni nel mercato che da anni chiediamo e che solo in questo caso porterebbe vantaggio agli automobilisti? In America, paese produttore e importatore, già fanno così! Lo ribadisco, il provvedimento governativo, così come formulato, è solo fumo negli occhi degli italiani; per questo la nostra categoria non è disposta a fare da “carne da macello”. Pertanto, nell’attesa che si sblocchi questa vertenza, noi pensiamo di chiudere ancora gli impianti per scioperare, autostrade e self service compresi, per non chiuderli per sempre! Il governo abbia il coraggio, ma soprattutto la determinazione, per ribaltare questa situazione che lo stesso Ministro si troverà costretto a fronteggiare, nel caso in cui il paese dovesse restare a piedi non solo per due giorni ma ben oltre.”
Napoli, 1 marzo 2007


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