IL CARO BENZINA E LE RECRIMINAZIONI DEI GESTORI. LE PROPOSTE DEL VICE PRESIDENTE DELLA FIGISC ANISA CONFCOMMERCIO.

Il caro benzina sta mettendo in ginocchio economie finora ritenute forti come l’America e l’Australia; i produttori alzano il prezzo perchè Cina e India, paesi in forte sviluppo industriale, acquistano tutto il possibile e i paesi occidentali stanno pressochè alla frutta. L’aumento del costo del barile, purtroppo, continua a mietere vittime, non solo fra gli utenti (trasportatori , industrie, automobilisti, ecc.) ma anche fra gli addetti alle rivendite di carburanti.
In Italia il calo delle vendite in città come Milano, Roma, Napoli e Palermo, tanto per guardare alle quattro parti peninsulari, fa registrare paurosi allontanamenti dalle pompe in percentuali che variano tra il 10 e il 30%. Si calcola che oggi uno su dieci lascia la macchina a casa. E domani?
Nelle città organizzate, cioè dove i trasporti funzionano, il cittadino fa a meno dell’automobile; al nord, al centro e al sud si organizzano gruppi di persone con una sola auto, a turno settimanale, mentre prima ciascun lavoratore andava al lavoro con la propria.
Ma non sono poche le città dove ciò non sussite per una serie di circostanze intuibili (orari, distanze e tipologia di lavoro) e allora son dolori per il lavoratore che, non potendo più spendere tanti euro, da automobilista si trasforma in pendolare all’avventura, perchè non sempre treni e bus rispettano gli orari e le aziende non tengono in giusta considerazione questo disagio, punendo i ritardi con multe quando anche se non con misure più drastiche.
Visione apocalittica? No, è semplice e cruda realtà quotidiana.
Se soffre l’automobilista che vede il potere d’acquisto dell’euro sempre più ridotto, soffre anche il rivenditore, cioè il gestore delle pompe, (leggi benzinaio), costretto a raschiare il fondo dei risparmi per non affogare. In soldoni: per non ridurre i servizi ai clienti deve mantenere il personale che ha un costo che da qualche mese tende a superare gli utili che il gestore ricava dalla vendita di carburanti. E la tendenza, stando ai si dice e a quel che appare evidente a tutti, volge sempre più al peggio.
Per contro, a proposito del gestore, va chiarito un dato: se la benzina aumenta di costo e quindi di prezzo alla pompa non è che lui guadagna di più anzi erogando meno litri guadagna in meno, visto che il ricavo lordo si calcola sui litri venduti e non sugli euro incassati. Lo dice nell’intervista che segue il Vice-Presidente Vicario Nazionale Vincenzo Mosella, (nella foto), presidente campano della Figisc Anisa Confcommercio, oltre che gestore di una stazione di servizio a Napoli .

“Esatto, non ci si guadagna affatto. Le faccio un esempio. Su cento euro di benzina erogata, 27,13 euro servono per la materia prima; i petrolieri incassano 7, 65 euro e ben 62,13 euro se ne prelevano per tasse che vanno allo Stato. Ai gestori rimangono 2,90 euro.
Come si può notare, la parte di guadagno che va al gestore è pochissima cosa, rispetto a guadagni ben più sostanziosi degli altri partners del mercato compreso lo Stato. Purtroppo si sente solo parlare di ”rete lontana dagli standard europei” ed addirittura secondo alcuni è la figura del gestore che va ad inficiare la componente “prezzo alla pompa”. Tradotto in termini pratici senza la figura ”imprenditoriale” del gestore secondo alcuni ci sarebbe un sensibile risparmio. Ma le cifre parlano chiaro: non è così. La verità è che nessuno vuole rinunciare ai suoi lauti guadagni (anche lo Stato), e risulta facile attaccare l’anello debole della filiera”.

Circa quattro centesimi di euro per ogni litro venduto e ora che i clienti si assottigliano come fate?

“Fino a che il prezzo dei carburanti era contenuto, permetteva un margine di guadagno che consentiva di avere addetti per erogare i servizi richiesti dal cliente dal rifornimento, al cambio olio e filtri ecc. Il tutto con la messa in sicurezza dell’impianto a tutela della clientela stessa.. E’ il caso di ricordare, infatti, che gli addetti del settore, maneggiando prodotti altamente infiammabili, frequentano corsi di prevenzione incendi e di pronto soccorso oltre ad altri innumerevoli adempimenti previsti dalle norme che regolano il settore. Tutto ciò, nell’intento di garantire la massima sicurezza e professionalità in fase di rifornimento dell’autoveicolo. Ma questo è solo uno degli aspetti della complessa situazione degli impianti che si aggraverà sempre di più se non interviene il governo con provvedimenti ad hoc. Ormai si è arrivati allo stremo, il prezzo alto giorno dopo giorno rosicchia l’esiguo guadagno delle gestioni, e purtroppo alcuni impianti stanno alzando bandiera bianca. Questo è uno dei metodi per fare una razionalizzazione automatica degli impianti…costringere a lasciare sotto un fuoco incrociato. Da una parte le Compagnie Petrolifere con una chiusura totale al rinnovo degli accordi visto il nuovo assetto del mercato e dall’altra lo Stato”.

Cioè far sparire i gestori?

“Di questo passo, senza regole, un gestore, o un dipendente dell’impianto, non potrà più garantire alla sua famiglia un reddito sicuro. Per noi, quindi, si prospetta il crollo di un sistema che finora ha garantito e tutelato non solo i posti di lavoro di chi lavora alla pompa ma anche a decine di lavoratori dell’indotto. Non possiamo buttare al vento anni di sacrifici, di paure e di malattie, perché lo stare sulla strade a contatto coi gas dei carburanti e delle autovetture, e con gente non sempre ben disposta, cioè delinquenti, espone a questi e ad altri rischi impensabili nell’arco delle 24 ore. Ecco, si ponga il governo questi interrogativi, magari rifletta sulle nostre problematiche e guardi con occhi diversi alla nostra categoria di lavoratori al servizio del pubblico, e non solo alle compagnie petrolifere, i cui profitti crescono sempre di più, mentre noi stiamo sempre coi centesimi contati in tasca”.

Un quadro abbastanza oscuro sul futuro degli impianti. Come uscirne?

“Non è facile, ma nemmeno impossibile. Perchè la soluzione non è di uno solo ma occorre il coinvolgimento di tutte le parti interessate. Ai presidenti delle associazioni dei consumatori, però, lancio un appello: attenzione ad alcuni meccanismi, perché anche se non fate parte della filiera distributiva dei carburanti, anche voi siete delle “vittime sacrificali” alla stessa stregua dei “benzinai” che spesso non sapendo dove colpire, avete ingiustamente accusato. Visto, poi, che agli industriali e petrolieri è arrivata la tassa Robin Hood, l’ideale sarebbe la riduzione di almeno 10/15 centesimi delle accise che prende lo Stato. E’ l’anello della catena che prende di più! Si chiedono sacrifici agli italiani ma anche lo Stato deve e può fare la sua parte. Paradossalmente, poi, così facendo si darebbe un impulso alle vendite, più fiducia a chi lavora nel settore, più certezza nel valore dell’euro (almeno per la parte che riguarda i carburanti) e più serenità agli italiani che stanno pagando un prezzo troppo alto per la mancanza di una politica a sostegno di chi, per lavoro, proprio non può fare a meno dell’automobile.


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