Il CARNEVALE DI FEDERICO VALICENTI

“Il Carnevale non è una festa donata al popolo, ma è una festa che il popolo ha donato a se stesso.”
Questa è una festa dove le istituzioni non fanno spese, non preparano luminarie o fuochi d’artificio. Questa è una festa che non dispensa panettoni o colombe o spumante, non classifica i buoni e i cattivi, non elargisce doni e regali. Durante questo breve periodo il libro delle leggi morali viene sovvertito da un solo pensiero “Semel in anno licet insanire”, una volta all’anno è lecito fare pazzie, diventato un vero e proprio proverbio popolare, che nei secoli ha fatto cadere convenzioni e forme sociali. Pensiero di origine classica, espresso nel De Senectute di Lucio Anneo Seneca (4 a.C.–65 a.C.) dove è chiaro il richiamo alla necessità che la normalità dei doveri sia ogni tanto interrotta dalla gioia di una festa spensierata, dove si perde ogni ruolo e si scambiano, anche solo per qualche giorno, i destini dei partecipanti, dove la burla non è punita perchè “a carnevale ogni scherzo vale”. Cosi quello che in altri periodi viene considerato sfacciato, in quel lazzo di tempo, concesso o conquistato, diventa normale. Sicuramente il significato profondo della frase va ricercato nelle feste agresti, dove veniva capovolto l’ordine costituito della società normale facendo servire i padroni e banchettare i servi, alle caste abituate al comando doveva propriamente sembrare “una pazzia”. Tranne picchiare o uccidere ciascuno può sentirsi di fare quello che vuole, tutto è permesso e ”soprattutto le ragazze e le donne ne approfittano per spassarsela a loro gusto”, cosi racconta il Carnevale il poeta e scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe (1749 -1832) alla fine del ‘700 durante il suo soggiorno in Italia. E’ dalla notte dei tempi che il Carnevale rappresenta la festa più popolare e dissacratoria del mondo. Il popolo, mascherandosi, si diverte a deridere e schernire i potenti del momento. Potenti che possono essere rappresentati sia dagli uomini che dagli animali e dagli eventi. Non a caso troviamo le maschere nel Carnevale delle città che rappresentano figure raffinate e aristocratiche, dove vengono presi in giro baroni e nobildonne, dove il teatro diventa la piazza, e la prosa diventa sberleffo, mentre nell’entroterra e nelle zone montane le maschere sono legate ad economie e società meno appariscenti e opulente, intravedono nelle figure animali la potenza che cercano di esorcizzare attraverso la mimica e l’impaccio dei movimenti nella loro selvaggità. Sono maschere che rappresentano la teatralità della vita agropastorale che costituiscono un retaggio di culture ancestrali, legato ai riti della fertilità e della rinascita della natura. Ritroviamo spesso maschere di orsi, di mucche, di tori o semplicemente costruite con cortecce di alberi intagliati a significare la grandiosità della natura, la potenza del mondo che circonda e vive con l’uomo. Vengono resuscitate vecchie figure e rievocate tradizioni di antiche culture di contadini e pastori. Pochi sono i paesi dove queste rievocazioni hanno un senso, impregnate di credenze magiche e religiose, culture che descrivono le fasi della vista agreste come il raccolto, la stagionalità. Tra questi da menzionare Aliano dove maschere cornute raffigurano creature diaboliche e grottesche dai significati magici che testimoniano una tradizione che si è conservata immutata nel corso del tempo mentre a Satriano e Teana rievocano l’Orso o un più indefinibile essere mostruoso a metà tra mondo animale e vegetale rappresentato con pelli e fronde. A Tricarico le maschere di mucche e tori, impersonati da solo uomini, rappresentano una mandria in transumanza nella quale i partecipanti mimano l’andatura ed i movimenti degli animali, comprese le “prove di monta” dei tori sulle vacche, San Mauro Forte con i campanacci e Montescaglioso con il Carnevalone a dorso d’asino che accetta tutte le offerte e mostra cartelli sgrammaticati contro tutte le ingiustizie. La maschera da mucca è costituita da un cappello a falda larga coperto da un foulard e da un velo e riccamente decorato con lunghi nastri multicolori che scendono fino alle caviglie e ornano mutandoni di lana, oggi cambiati con più comode e calde calzamaglie, decorati con nastri e fazzoletti dai colori sgargianti al collo, ai fianchi, alle braccia ed alle gambe. La maschera da toro è identica nella composizione ma si distingue per essere completamente nera con alcuni nastri rossi. Ogni maschera ha un campanaccio, diverso nella forma e nel suono a seconda che si tratti di mucche o di tori. Ma la maschera più tradizionale resta in tutte le comunità lucane quella dell’antico pastore che avvolto nel suo mantello e con la faccia nascosta nel cappello si avvicina alle porte delle case e canticchia: “cumbare e cumbaricchio, fammi na cap’ i zazizz, su zazizz’ non’vuoi fà, nata cosa m’aia dà, se n’ata cosa manc’ mi vuoi dà, carnavura taddà strafugà “ compare e piccolo compare, fammi un pezzo di salsiccia, se la salsiccia non vuoi fare, dammi almeno un’altra cosa, se nemmeno l’altra cosa mi vuoi dare che il carnevale ti possa strafogare. Con queste maschere la comunità esorcizza il mondo del bosco, delle foreste, dai confini indefiniti incontrollabili e pericolosi e riporta queste figure all’interno della comunità in una sorta di interazione sociale, a evocare le forze occulte presenti nella natura per ricordare che in fondo queste non sono in contrasto con l’uomo ma che è bello evocare e che è divertente rappresentare. Attraverso l’aiuto dei suoni magici degli strumenti si improvvisano le danze che nascono spontanee anche tra generazioni diverse, che si legano intimamente stimolati dalla musica. E’ la festa del popolo. Non ci sono i ricchi, quelli abituati a divertirsi con le maschere cortigiane. In Basilicata al posto delle viole o i clavicembali ci sono le tamburella, gli organetti, i cupa cupa e qualche bottiglia vuota battuta con la chiave di casa.
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Ricette
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Costine stufate – Sunett’ stufuat’-
500 gr di costine di maiale (sunett’)
5 peperoni secchi di Senise
Un patata a pasta bianca
Un cucchiaio di sugna rossa (saìma)
un cucchiaio di olio extra vergine
sale q.b.
pepe q.b.
Tagliare a strisce le costine di maiale.
Togliere il picciolo e i semini dai peperoni e metterli a bagno in acqua tiepida per farli ammorbidire.
Pelare la patata e tagliarla a fette .
In una capiente padella allineare le strisce di costine, salare e aggiungere l’acqua fino a coprire le costine. Portare a bollore.
Nel frattempo in un’altra padella sciogliere la sugna , farla riscaldare e friggere le patate tagliate a fette.
Tagliare a strisce grossolane i peperoni ammollati.
Quando la carne viene a bollore togliere la schiuma, aggiungere i peperoni e far cuocere per qualche minuto, quindi aggiungere le patate comprese del grasso di cottura.
Quando l’acqua è completamente evaporata aggiungere il cucchiaio di olio e far soffriggere fino a rosolatura. A piacere aggiungere del pepe macinato al momento. Togliere la carne dalla padella e versare qualche fetta di pane casereccio nel fondo di cottura. Servire assieme.I sapori non vanno perduti.

POLLASTRO
1 pollo ruspante
6 peperoni secchi
4 foglie di alloro
1 spicchio d’aglio
1 peperoncino
300 gr di pomodori pelati
1 cucchiaio di polvere di peperone di Senise
1 cucchiaio di olio extra vergine
sale q.b.
Pulire il pollo e tagliarlo a pezzi grossolani, metterlo in una pentola e riempire d’acqua fino a coprire di due dita la carne, portare in ebollizione, togliere la schiuma che affiora;
fare bollire per circa 20 muniti, quindi aggiungere i peperoni secchi puliti dei semini e dei piccioli, il cucchiaio di olio, lo spicchio d’aglio e il peperoncino.
Fare cuocere per altri 10 minuti quindi aggiungere i pomodori pelati e aggiustare di sale, a cottura ultimata aggiungere la polvere di peperone e fare amalgamare per altri 5 minuti.

ZUPPA DI COTICA E CAVOLO VERZA
Ingredienti:
500 gr di cavolo verza
200 gr di cotica
100 gr di formaggio pecorino
varie bucce di formaggio duro ben lavate e tagliuzzate
un pizzico di pepe
1 pizzico di finocchietto
1 spicchio d’aglio
2 cucchiai di sugo di pomodoro
Procedimento:
Mettete in ammollo la cotica per 1 ora, quindi sciacquatee bollite.
Nel frattempo lavate e mondate il cavolo verza, tagliatelo grossolanamente e mettetelo e mettetelo a bollire in acqua salata con i pezzi di formaggio duro, il sugo di pomodoro e il finocchietto, a cottura quasi ultimata tagliate a strisce sottili la cotica, aggiungete il pepe e fate amalgamare per alcuni minuti, cospargete di pecorino e servite con del pane raffermo arrostito.

RAGU’ di carni
Ingredienti:
200 gr. di polpa di maiale
200 gr. di carne di vitellone
una lingua di ovino
100 gr di petto di gallina
1 salsiccia fresca
1lt di salsa concentrato di pomodoro
un bicchiere di vino rosso
1 spicchio d’aglio
1 ciuffo di prezzemolo tritato
1 pizzico di pepe
20 gr di lardo
30 cc di olio extra vergine d’oliva,
pinoli
sale, pepe nero q.b.
procedimento
Trita il lardo, finemente la lingua con il prezzemolo e l’aglio, condisci con il pepe e amalgama con un cucchiaio.
In un capiente padella, riscalda l’olio e versa il composto fai soffriggere per circa 1 minuto, quindi aggiungi i pezzi di carne a rosolare a fuoco forte, il pepe e il sale
Quando la carne è unta, dorata, aggiungi la salsiccia, senza togliere il budello, e fai rosolare per 5 minuti e versa un bicchiere di vino rosso, sfuma per 10 minuti e aggiungi la salsa di pomodoro.
Abbassa il fuoco e cuoci lentamente, quando la salsa compone dei “sussulti (pip)” aggiungi in ogni vortice che si apre un chicco di pinolo.
Quando la carne è ormai esausta il ragù è pronto.

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Cibo ed eros a San Valentino
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“Mi pento di tutte le diete, dei piatti deliziosi rifiutati per vanità, così come mi pento di tutte le occasioni di fare l’amore lasciate andare per occuparmi di faccende in sospeso o per virtù puritana”.Così inizia il libro “Afrodita” di Isabel Allende, un libro nel quale la scrittrice è prodiga di ricette afrodisiache e suggerimenti per tutti gli amanti. Quanti di voi hanno dato un primo appuntamento romantico in un ristorantino? Tanti. L’invito a cena, o pranzo diventa quasi automatico. Il cibo diventa comunicazione, anche perchè aiuta nel linguaggio e tranquillizza, produce endorfine che rilassano cosi da considerare l’invito come una potente arma di seduzione. Una cena a lume di candela poi la dice lunga sull’atmosfera che si va a creare, il locale dove si consuma il pasto diventa bagaglio di ricordo e di emozioni che restano per tutta la vita. La scelta sul ristorante non deve essere casuale, bisogna riconoscere il valore aggiunto che un bravo e buono chef sa dare al proprio piatto correlando la visita al piacere dei sensi. L’occhio vuole la sua parte e lo chef deve donare alla coppia, attraverso la composizione dei piatti, l’immagine che forma i sogni e poi sviluppa i desideri. Anche l’udito diventa complice in una splendida cena, dove il locale ovattato stimola il piacere della conversazione, i rumori discreti e l’atmosfera creano una situazione di benessere che predispone all’intimità ed alla seduzione. Una cosa da ricordare è di evitare di presentarvi impregnati di profumo cosi che l’olfatto è stimolato dai profumi inebrianti delle pietanze. Il gusto fa sognare, il sapore si spalma su tutto il palato e ci ricorda sensazioni vissute, mentre il tatto imbocca qualche leggera pietanza e dolcemente accarezza la mano di chi sta di fronte. Durante il pranzo tutto partecipa al piacere, proprio come il vestito e la biancheria dell’amante. Gli unici afrodisiaci veri, reali, efficaci risiedono nel cervello e sono la nostra immaginazione, le emozioni e il buon umore che diventa contagioso. E’ in questa combinazione dei sensi che si trova la magia della grande unione tra gastronomia ed eros. Binomio che ha fatto la fortuna e la disgrazia di personaggi che hanno contribuito alla stesura della letteratura, nelle loro ragioni di vita, alimentando storie vere e leggende nell’ars amatoria delle donne, degli uomini e del cibo. In tutto questo come non menzionare il grande seduttore gourmet Giacomo Casanova (1725 -1798 d.C.) infaticabile seduttore, brillante conversatore, elegante diplomatico, alchimista, baro, spia e frequentatore di case di piacere, che riteneva il cibo fondamentale nell’arte amatoria. Aveva ragione. Cibo e sesso marciano appaiati perché entrambi, non solo consentono la continuazione della specie, ma sono legati al concetto del piacere. I cibi che Casanova consigliava per sedurre le sue amanti erano il timballo di maccheroni, i formaggi burrosi, morbidi come la pelle delle femmine, il baccalà mantecato, la cioccolata calda, bevanda che nel Settecento impazzava a Venezia, le ostriche l’energetica selvaggina frollata a puntino. Prima di Casanova anche altri non disdegnavano di imbeccare pietanze considerate afrodisiache come i Greci che raccomandavano tartufi, miele, crostacei mentre i seduttori Romani andavano alla ricerca della vigoria nutrendosi di organi genitali del lupo, del cervo, dell’asino. Gli orientali invece ricercavano la prestanza inghiottendo pinne di pescecane e testicoli di tigre, ingredienti ritenuti eccellenti forse perché difficilmente e pericolosamente reperibili. Comunque sia penso che la vera componente afrodisiaca del cibo stia nel preparare i “manicaretti” e poi magari giocare ad imboccarsi, preambolo per creare l’atmosfera ideale.
Oggi molti preferiscono mettersi nelle mani di esperti chef. Stando alle indagini fatte da una rivista di benessere il 65 per cento delle coppie tenta la seduzione del proprio partner nelle trattorie di qualità, il 15 per cento si affida al ristorante di lusso, mentre il 20 per cento indica l’albergo come deputato alla seduzione, rinunciando alla cena romantica. Il piacere per il cibo è strettamente correlato alla sfera emotiva. La persona depressa. La prima cosa che rifiuta è il cibo, non si alimenta perchè ha un’alterazione del suo schema corporeo e pensa di non piacere agli altri e di non piacersi! Così appagare il gusto, non è solo un bisogno fisiologico di alimentarsi ma un’espressione altissima di benessere interiore. E’ fin dalle prime fasi dell’approccio sessuale che l’uno offre all’altro del cibo e lo fa fin dalla nascita della sua esistenza, emblematica è l’offerta della mela di Eva ad Adamo. Dalla notte dei tempi ad oggi, al primo incontro, al primo invito, prima di fare l’amore, si preferisce una cena intima. Il legame fra sesso e cibo consiste anche nel fatto che entrambi servono per la socializzazione, per il piacere, per la soddisfazione personale, per la sopravvivenza propria e di quelli che dopo verranno.

PILLOLE
I cibi afrodisiaci o ritenuti tali:
• Al principio fu la mela, simbolo del peccato originale, metafora del desiderio e nutrimento perfetto, gustoso e salutare.
• Le ostriche ricordano il sesso femminile e risale ai Romani il concetto che esse avessero poteri afrodisiaci! Casanova ne mangiava a sazietà prima di ogni incontro amoroso.
• Il peperoncino è un vasodilatatore e favorisce la circolazione sanguigna soprattutto nei genitali, sia maschili che femminili. Tutto questo provoca una sensazione generale di benessere che risulta essere altamente afrodisiaca.
• Lo zenzero si ritiene che sia afrodisiaco e lo diventa, quasi per un effetto placebo, considerato che molti problemi sessuali derivano dall’insicurezza, ben vengano le sostanze naturali che danno una spinta in più.
• Il tartufo contiene l’androstendiolo, ormone presente anche nel maiale maschio e nel sudore umano.
• Il rafano si ritiene che la polpa abbia proprietà afrodisiache. Usata soprattutto dai giapponesi nel wasabi la salsa per accompagnare sushi e sashimi, in Italia si trova in Basilicata e nel Veneto.
• La senape stimola l’azione delle ghiandole sessuali. Esistono tre qualità di senape, nera, bianca e gialla.
• La vaniglia possiede effetti euforici e può essere consumata a volontà. Combatte l’astenia sessuale, agendo sul sistema nervoso centrale e, per mezzo del suo odore, agisce indirettamente come stimolante sessuale.
• Il cioccolato all’incontrario di come si pensa non à un ritenuto un cibo afrodisiaco, ma una sua buona tazza fungerà da ruffiano dessert.
• Le streghe nella pozione dell’amore hanno sempre consigliata l’acqua di lavanda da mettere sul cuscino dell’amante.

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Ricette
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tratte da “Afrodita” di Isabel Allende- – Edizioni Feltrinelli

Pasta agli asparagi e caviale
Ingredienti:
250g di tagliatelle
50g di caviale
2 cucchiai di olio d’oliva
1 uovo sodo sminuzzato
1 cucchiaio di capperi
6 piccoli asparagi verdi
1 tazza di salsa leggera.
Preparazione: fai bollire 8 tazze d’acqua con un cucchiaio d’olio e sale, e butta le tagliatelle. Contemporaneamente fai cuocere al vapore gli asparagi per 5 minuti (devono rimanere belli sodi). Tagliali a tronchetti di 3 centimetri circa di lunghezza e cospargili con un cucchiaio d’olio. Scola la pasta al dente e mescolala con gli asparagi e la salsa in un recipiente precedentemente scaldato in forno. Distribuisci sulla superficie il trito d’uovo sodo e i capperi, e alla fine forma una montagnola di caviale nel centro. Contorna con spicchi di limone e servi subito.

Melanzane dello sceicco
Ingredienti:
1 melanzana grande,
1 cipolla,
4 cucchiai di olio d’oliva
2 pomodori
1 spicchio d’aglio
1 pizzico di chiodi di garofano in polvere
1 cucchiaino di zucchero
3 cucchiai di parmigiano o pecorino grattugiato
Sale
Pepe
Burro.
Preparazione:
Taglia la cipolla a fettine trasparenti e trita l’aglio, quindi falli soffriggere nell’olio d’oliva. Unisci i chiodi di garofano, zucchero, sale e pepe. Copri il tegame e fai cuocere a fuoco basso per 3 minuti. Intanto taglia a rondelle la melanzana e i pomodori e porta il forno alla massima temperatura. Metti uno strato di melanzane in una pirofila imburrata, ricoprila con una parte del trito d’aglio e cipolla, cospargi un po’ di formaggio grattugiato, poi disponi uno strato di pomodori e il resto della cipolla e del formaggio. Infine, sparpaglia qualche ricciolo di burro, ricopri la teglia con un foglio d’alluminio e inforna. Dopo mezz’ora togli la stagnola e lascia la teglia nel forno caldo per far ammorbidire le melanzane (circa 10 minuti). Il piatto va servito con del riso.

Madame Bovary
Ingredienti:
1 tazza colma di amarene, fragole lamponi e ribes.
3 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di kirsch
1 cucchiaino di scorza di limone grattugiata
3 cucchiai di mascarpone
2 biscotti savoiardi sminuzzati,
1/2 banana.
Preparazione: togli il nocciolo alle amarene. Uniscile all’altra frutta e fai bollire con lo zucchero per 8 minuti. Togli dal fuoco, scola, metti da parte il succo e lascia raffreddare. Con una forchetta lavora il mascarpone, la scorza di limone grattugiata e i biscotti tritati. Aggiungi il sughino della cottura e il kirsch per ammorbidire il composto. Dividi la crema nelle coppette e ricoprila con il trito di frutta rossa. Prima di servire taglia a rondelle la banana e guarnisci il dolce.

Seno di novizia
Ingredienti:
1 tazza di ciliege tritate fini
4 chiare d’uovo
4 cucchiai di zucchero in polvere
1 goccio di essenza di vaniglia.
Preparazione
Monta a neve le chiare e aggiungi lentamente lo zucchero. Unisci l’essenza di vaniglia e le ciliege tritate. Metti il tutto in uno stampo imburrato e fai cuocere in forno a temperatura moderata per un’ora. Va servito con crema inglese o con crema chantilly.

da: lunarossa [lunarossa@federicovalicenti.it]


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