Il biogas piace all’Italia. Il settore vale 2,4 miliardi di metri cubi l’anno: è la quarta produttrice al mondo
Redazione Tiscali
Il mondo ha fame di energia, e le vecchie fonti non possono viaggiare accanto all’evoluzione umana ancora per troppo tempo. I colossi petroliferi, sebbene stiano investendo sempre più capitali nella ricerca di fonti energetiche pulite e redditizie, sono ancora troppo legati ai lauti guadagni per lasciarsi alle spalle queste fonti altamente inquinanti.
In Italia, nonostante tutto, c’è chi già punta a fotovoltaico, solare termico, eolico e biogas e lo fa in modo serio. Il nostro Paese vanta al momento una potenza elettrica installata di circa 1.200 Megawatt (MW), pari a una produzione di 2,4 miliardi di metri cubi di gas naturale l’anno. Un dato importante che porta l’Italia tra i primi produttori al mondo. Il nostro Paese è “uno dei principali produttori di biogas in agricoltura; quarta al mondo dopo Germania, Cina e Stati Uniti”, viene spiegato nel corso dell’evento annuale del Consorzio italiano biogas (Cib) intitolato “L’alba di una rivoluzione agricola” e tenutosi a Roma.
E non è soltanto una questione di quantità
“Lla filiera italiana del biogas e del biometano in agricoltura è sempre più un caso di scuola internazionale: da un punto di vista qualitativo, il modello e disciplinare di produzione promosso dal Cib, denominato ‘Biogasdoneright’ (Biogasfattobene, ndr), sembra avere pochi eguali al mondo”. Secondo i risultati di uno studio di Ecofys (società internazionale di consulenza energetica e climatica) “dal modello italiano si ottengono più cibo e più energia”. Questo perché si basa “sull’uso prevalente di sottoprodotti e sui doppi raccolti, in modo da non essere in competizione con le produzioni alimentari”.
Produrre cibo e foraggi di qualità in modo più sostenibile
“Sin dalla nostra costituzione 10 anni fa – osserva Piero Gattoni, presidente del Cib – ci siamo posti l’obiettivo di promuovere un percorso di sviluppo della digestione anerobica in azienda agricola che permettesse di continuare a produrre cibo e foraggi di qualità in modo ancora più sostenibile e a costi minori, utilizzando sottoprodotti e colture di integrazione come quelle di secondo raccolto, che altrimenti non avrebbero avuto mercato”. Un modello che permette perciò “di produrre di più in modo sostenibile, contribuendo allo stesso tempo alla crescita delle energie rinnovabili”.
Modello italiano si basa sul criterio delle doppie colture
In particolare, rileva lo studio di Ecofys, “il modello italiano si basa sul criterio delle doppie colture: una coltura invernale denominata ‘di copertura’ viene aggiunta a quella convenzionale del periodo estivo, senza necessità di irrigazione o fertilizzazione aggiuntiva, grazie alle condizioni di umidità favorevoli”. Intorno a questo modello c’è anche un interesse internazionale, tanto che – viene detto – “cinque docenti di fama internazionale hanno deciso di costituire un team internazionale per valutare la scalabilità del modello italiano”.
In Italia operativi più di 1.500 impianti di biogas
Un interesse, fa presente Gattoni, che “ci motiva a continuare lungo una strada che può portare le nostre aziende ad essere più competitive e sostenibili”. Il biometano è il risultato di un processo di ‘upgrading’ del biogas, che a sua volta si ottiene dalla digestione anaerobica di biomasse agro-industriali, tipo appunto sottoprodotti agricoli, zootecnici, frazione organica dei rifiuti. In Italia sono operativi più di 1.500 impianti di biogas (di questi 1.200 in ambito agricolo). Potenzialmente “il nostro Paese potrebbe produrre al 2030 “fino a 8,5 miliardi di metri cubi di biometano, pari a circa il 12-13% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale”. Inoltre, grazie alla filiera del biogas-biometano, si hanno impatti positivi sull’occupazione: 6,7 addetti per MW installato, cioè “il settore a maggiore intensità occupazionale tra le rinnovabili”, favorendo “la creazione di oltre 12 mila posti di lavoro”.
27 febbraio 2017 da Redazione Tiscali e foto


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