GARANTITALY: CONFAGRICOLTURA TEME CHE DAGLI USA ARRIVINO DAZI PER L’AGROALIMENTARE
Posted by Garantitaly on apr 30, 2018 | Leave a Comment
Più si fanno belligeranti le dichiarazioni che arrivano a noi dagli Usa, più il comparto agroalimentare rafforza la convinzione che solo gli accordi internazionali per il commercio possono dare certezza di redditività ai produttori. In questo senso si esprime anche Confagricoltura che ribadisce che va “assolutamente scongiurata” una guerra tra le due sponde del’oceano Atlantico.
«Le guerre dei dazi rischiano di accrescere gli squilibri di mercato – evidenzia il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – Si parte dall’acciaio, ma si può arrivare facilmente all’agricoltura e all’agroalimentare, con effetti molto negativi per un Paese come il nostro. Nel rispetto del ruolo del lavoro e in ossequio alla sicurezza alimentare che deve sempre essere al centro della nostra azione, quello che dobbiamo perseguire è l’abbattimento delle barriere, tariffarie e non tariffarie».
La preoccupazione di Confagricoltura è legata anche al taglio dei contributi per la PAC 2020/2027
A parere di Confagricoltura, l’Europa deve essere compatta e dura nei confronti di questo approccio alla politica commerciale di Trump, arrivando a chiedere l’apertura di un panel del Wto. «Nel solco della nostra tradizione – ribadisce Giansanti – sollecitiamo il ritorno ad accordi multilaterali capaci di valorizzare le nostre produzioni di qualità. Al centro deve rimanere sempre la competitività dell’impresa, per la quale è di primaria importanza un’azione forte a livello comunitario».
A tal proposito, Confagricoltura sottolinea le prime notizie relative al budget Ue per il periodo 2020/2027: la Pac subirà un taglio del 6%, con un contributo degli Stati membri che dovrebbe aggirarsi intorno all’1,13%-1,18% e un capping per le aziende agricole pari a 60.000 euro. «Tale massimale di aiuti se mantenuto – conclude Giansanti – avrà un impatto negativo sulle medie e grandi imprese agricole, le uniche in grado di garantire posti di lavoro, qualità, innovazione e sicurezza alimentare».
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SEMPRE PIÙ L’AGROALIMENTARE ITALIANO È “PIRATATO” ALL’ESTERO
Posted by Garantitaly on mag 08, 2018 | Leave a Comment
“Sale ad oltre 100 miliardi il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo con un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio, per effetto della pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale”. È quanto emerge dallo studio presentato da Coldiretti all’inaugurazione di “Cibus” a Parma dove per la prima volta è stata aperta la più grande esposizione sul “Made in Italy rubato”.
“A far esplodere il falso – sottolinea Coldiretti – è stata paradossalmente la ‘fame’ di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost ma anche le guerre commerciali scaturite dalle tensioni politiche come l’embargo russo con un vero boom nella produzione locale del cibo Made in Italy taroccato, dal salame Italia alla mozzarella ‘Casa Italia’, dall’insalata ‘Buona Italia’ alla robiola, ma anche la mortadella Milano, Parmesan o burrata tutti rigorosamente realizzati nel Paese di Putin”.
Sono i Paesi ricchi quelli che producono contraffazione delle specialità italiane
“A preoccupare – continua Coldiretti – è anche la nuova stagione degli accordi commerciali bilaterali inaugurata con il Canada (Ceta) che per la prima volta nella storia l’Unione europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali. Il cosiddetto ‘Italian sounding’ colpisce in misura diversa tutti i prodotti, dai salumi alle conserve, dal vino ai formaggi ma anche all’olio extravergine, sughi o pasta e riguarda tutti i continenti. In realtà, a differenza di quanto avviene per altri articoli come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi a partire proprio dagli Stati Uniti e dall’Australia”.
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L’italian sounding che ci facciamo in casa
Non so come mai la notizia non abbia avuto il clamore delle prime pagine dei quotidiani eppure è un ‘colpo al cuore’ della credibilità del sistema agroalimentare italiano: parlo delle oltre 300 mila cosce di maiale danese che erano pronte per essere vendute come prosciutto di Parma e del San Daniele Dop. Ne abbiamo scritto nelle pagine di cronaca, ma una riflessione deve essere fatta perché è tutta la filiera che è finita ai margini, se non ben oltre, i confini della legittimità. È doveroso sottolineare che non c’è nulla di pericoloso per i consumatori se non dal punto di vista economico. L’autodifesa degli allevatori sotto inchiesta della Procura di Torino, e poi anche di Pordenone, è proprio che veniva loro richiesto proprio quel tipo di cosce perché con meno grasso sottocutaneo e muscolatura più scarsa. Il danno era pagare per Dop un prodotto che non lo era. E che tutta la filiera sapeva non esserlo. Il nodo è proprio qui! Oltre ai 140 allevatori di suini di Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, “non potevano non sapere” gli ingrassatori che macellavano gli animali prima dei nove mesi previsti ed i macellai che lavoravano le canni anche al di sotto del peso previsto. E se i prosciuttifici erano contenti di ottenere un prodotto non di qualità, ma più facilmente commerciabile perché più magro e meno compatto, il problema profondo nasce dai controlli. I due istituti certificatori, che su autorizzazione del Ministero delle Politiche Agricole controllano le filiere di salumi e formaggi Dop e Igp, l’Istituto Parma Qualità e l’Ifcq Certificazioni 1° maggio sono stati entrambi commissariati per sei mesi dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) del Ministero. Quasi una ammissione che qualcosa non ha funzionato: peccato che l’inchiesta della Procura di Torino affondi agli illeciti fin dal 2014. Quali prosciutti abbiamo mangiato in questi ultimi anni nessuno saprà mai dircelo.
Mario Ongaro

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