CRIMINALITA’: COLDIRETTI/EURISPES, BUSINESS AGROMAFIE SUPERA 16 MLD LA PROVINCIA DI NAPOLI PARTICOLARMENTE INTERESSATA DA UN FENOMENO DIFFUSO IN TUTTA ITALIA
In un allarmante quadro che denota una forte presenza di tipo associazionistico criminale dalla Sicilia (Ragusa :100) e dalla Calabria (Reggio Calabria: 99,4) al versante adriatico (Pescara: 71,4; Foggia: 67,4; Brindisi: 51,6), al basso Lazio (Frosinone: 49,3; Latina: 43,3) alla Sardegna (Nuoro: 46,3; Sassari: 45,9) e, in maniera non meno sorprendente, in quanto fondamentalmente legata alle specifiche operazioni delle Forze di sicurezza nel territorio, fino all’Umbria (Perugia 55,9) e alla Liguria (Imperia 54,3), il grado di diffusione criminale in Campania si conferma elevato, sia nel capoluogo (Napoli: 78,9) che a Caserta (68,4) e Salerno (44,3), mentre sono al di sopra della media nazionale, pari a 29,1, con un IOC medio-alto Avellino: 42,3 e Benevento: 35,7 che si collocano fra i territori interessati ubicati prevalentemente lungo la catena appenninica, sia in Meridione (Potenza: 42,9; Campobasso: 42,7;) che in Italia centrale (Teramo: 31,5; L’Aquila: 31,2; Terni: 30,0) e lungo l’Appennino tosco-ligure (La Spezia: 38,7; Pistoia: 35,1). E’ quanto evidenzia l’Indice di Organizzazione Criminale (IOC) elaborato dall’Eurispes nell’ambito del quarto Rapporto Agromafie con Coldiretti e l’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare che si fonda su 29 indicatori specifici e rappresenta la diffusione e l’intensità, in una data provincia, del fenomeno dell’associazione criminale, in considerazione delle caratteristiche intrinseche alla provincia stessa e di conseguenza sia di eventi criminali denunciati sia di fattori economici e sociali. Una risultanza, purtroppo non particolarmente sorprendente, che riflette la forza e l’estensione di organizzazioni come camorra, mafia e ndrangheta accomunate da un’etica comportamentale tipica delle società primitive, non organicamente evolute, drammaticamente, in molti casi, al pari di altre più moderne come le multinazionali, dove la sopraffazione della forza e della concentrazione della ricchezza materiale vedono l’uomo e il lavoro per il suo benessere soccombere.
Il Rapporto, alla presenza, tra gli altri, del presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, Maurizio Martina, Ministro delle Politiche agricole, Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Gian Carlo Caselli Presidente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio, Giovanni Legnini, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, oltre ai vertici delle forze dell’ordine, ha evidenziato, con le tipologie di illeciti riscontrate con più frequenza da parte delle organizzazioni criminali operanti nel settore agroalimentare con il business delle Agromafie che ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015, un salto di livello, nell’associazione per delinquere di stampo mafioso e camorristico, concorso in associazione mafiosa, truffa, estorsione, porto illegale di armi da fuoco, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, contraffazione di marchi, illecita concorrenza con minaccia o violenza e trasferimento fraudolento di valori. Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy. Gli aspetti patologici dell’indotto agroalimentare, come la lievitazione dei prezzi di frutta e verdura fino a 4 volte nella filiera che va dal produttore al consumatore, sono la conseguenza non solo dell’effetto dei monopoli, ma anche delle distorsioni e speculazioni dovute alle infiltrazioni della malavita nelle attività di intermediazione e trasporto, secondo l’analisi della Direzione Investigativa Antimafia. “L’impegno per la garanzia della trasparenza e della legalità in campo agricolo e agroalimentare, ma anche per la prevenzione e il contrasto di quanto possa mettere a rischio l’ambiente e la salute dei cittadini consumatori, che vede Coldiretti in prima linea con la consapevolezza che essi sono discriminanti quando questi temi vogliono essere affrontati nell’interesse generale, è prioritario per tutelare il lavoro di quanti nel Paese sono impegnati per diffusi livelli di benessere economico e sociale – afferma Emanuele Guardascione, presidente di Coldiretti Napoli.
La costante osservazione critica di tutto ciò che accade nel mondo della produzione e della distribuzione del cibo e le puntuali denunce delle situazioni di irregolarità potrebbero trasmettere l’idea che l’Italia sia irrimediabilmente la culla della corruzione e delle mafie. Al contrario, le denunce del Rapporto Agromafie mettono in risalto come nel nostro Paese questo genere di notizie vengano alla luce poiché esiste, seppur da rafforzare sempre più, un controllo severissimo, anche perché i consumatori possono contare sull’impegno dei diversi comparti specializzati delle Forze dell’Ordine – il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, lo SCICO-GDF, il Corpo Forestale ora confluito nel Comando Unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell’Arma, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, la DIA – dei Ministeri dell’Agricoltura, della Salute e della Giustizia (che lavora alla messa a punto di leggi a tutela del settore), della Magistratura, sempre più attenta nei confronti di un tema a lungo trascurato. La ricchezza delle informazioni sull’argomento dimostra che i nostri cibi sono i più sicuri del mondo perché sempre controllati da autorità diverse ed indipendenti. Circostanza che non si riscontra negli altri Paesi, neppure in quelli dell’Unione europea. Dall’estero arrivano poche notizie di irregolarità dal momento che i controlli sono molto blandi. In Italia, al contrario, è prassi meritoria dell’Agenzia delle Dogane ispezionare scrupolosamente i prodotti alimentari di origine straniera e dai controlli emerge molto spesso mancanza di garanzie, di chiarezza, di indicazioni precise e veritiere.
da: Napoli – Nicola Rivieccio [nicola.rivieccio@coldiretti.it]


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