Caserta: trovare entro il 2010
una valida alternativa al tabacco

«La diffusione delle colture alternative al tabacco è una tappa obbligata anche per la provincia di Caserta, in considerazione del fatto che ora è ancora in vigore il regime di aiuti della Comunità Europea».
E’ quanto ha dichiarato il direttore dell’Istituto sperimentale tabacco di Scafati – Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura), Raffaele D’Amore, al termine della visita alle aziende della provincia di Caserta dove vengono portate avanti, appunto, colture alternative al tabacco e che si trovano a Francolise, Sparanise, Portico di Caserta e presso il Cnr di Vitulazio, sotto la direzione scientifica di Giuseppe Interlandi e Riccardo D’Andria.

Piante aromatiche, girasole, soia, radicchio, artemisia, stevia, quinoia e senape: colture alternative per rendere meno traumatico l’oramai inevitabile smantellamento della tabacchicoltura italiana, visto che gli aiuti della Comunità europea dureranno solo fino al 2010, essendo oramai lanciata in tutto il mondo la lotta al tabagismo.
Dal 2006 al 2010, comunque, resterà in vigore il “disaccoppiamento” (la separazione tra l’erogazione dei fondi strutturali dell’Unione europea e il tipo di produzione, ndr) parziale degli aiuti e proprio in questi anni dovranno essere incentivate le colture alternative.

L’iniziativa sperimentale che riguarda Caserta e la sua provincia rientra nel progetto Coalta 2 (colture alternative al tabacco), finanziato dalla Comunità europea e vigilato dal ministero delle politiche agricole italiano, e che fa registrare l’impegno di diversi istituti di ricerca nelle analisi e nelle valutazioni di ordinamenti colturali nelle aree di riconversione del tabacco.
Coalta 2 costituisce l’estensione dell’analoga ricerca già portata avanti con il Coalta 1 in altre regioni agricole italiane (in particolare il Salento e le province di Salerno e Benevento e che comunque restano interessate al proseguimento della ricerca) a ulteriori aree, nelle quali si inizia a manifestare il problema della riconversione della filiera tabacchicola (le province di Caserta e Avellino, in Campania, nonché altri territori dell’Umbria, della Toscana e del Veneto).

Gli aspetti agronomici del progetto sono curati dall’Istituto sperimentale per il tabacco – Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura), che vede impegnate tutte le sue sedi (Scafati, Lecce, Roma e Bovolone), nonché da due istituti del Consiglio nazionale delle ricerche: l’Isafom (Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo) e l’Istituto di genetica vegetale, sezione di Perugia, nonché dal Dipartimento di Scienze agro-ambientali e della produzione vegetale dell’Università di Perugia e dall’Istituto agronomico per l’Oltremare di Firenze, istituzione del ministero degli Esteri.
Il Centro Interuniversitario di ricerca sulla selvaggina e sui miglioramenti ambientali a fini faunistici di Firenze (in sigla Cirsemaf) curerà prevalentemente le potenzialità di riconversione zootecnica, anche con riferimento a quelle di tipo faunistico.
Le valutazioni relative alla normativa comunitaria e nazionale, agli aspetti di natura socio – economica connessi alla riconversione della filiera del tabacco ed alle sue ricadute di natura occupazionale saranno, invece, operate congiuntamente con l’Inea (Istituto nazionale di economia agraria) che ha presentato un progetto denominato “Studio socio-economico sulla possibilità di riconversione dei produttori di tabacco” (in sigla Ripta), con il quale è stato predisposto un apposito protocollo di intesa.

La concentrazione locale della tabacchicoltura comporta un elevato impatto sul contesto socio-economico, che sarà affrontato con il parallelo e già menzionato progetto Ripta dell’Inea, con il quale saranno coordinate le attività del Coalta 2.

La situazione delle risorse tabacchicole sarà studiata in funzione di impieghi alternativi orientati a fornire remunerazioni competitive dei fattori, valorizzare le filiere produttive tradizionali e tipiche presenti nel contesto, sviluppare sistemi di gestione agronomica ecologicamente sostenibili e a basso impatto ambientale. Le soluzioni proponibili, scelte in base alla ricognizione delle caratteristiche fisiche, agronomiche, strutturali e socio-economiche delle aree tabacchicole e mediante discussioni con produttori qualificati e altri soggetti interessati, saranno sperimentate in campo confrontando modalità agrotecniche e di gestione-trasformazione dei prodotti allo scopo di verificarne la rispondenza a tali finalità.
Nella fase iniziale si procederà a incontri con i rappresentanti delle istituzioni del settore agricolo e degli agricoltori, anche attraverso seminari e visite tecniche, al fine di concordare per le diverse filiere produttive le priorità ed i criteri d’intervento. L’interazione tra le diverse parti sarà istituzionalizzata costituendo tavoli zonali di confronto ai quali parteciperanno il comitato di coordinamento, i responsabili delle unità operative, un rappresentante dell’Inea, rappresentanti del governo locale dell’agricoltura e delle organizzazioni professionali e di settore degli agricoltori. Da questi tavoli di confronto e dai risultati degli studi condotti dalle unità operative scaturirà, previa verifica della fattibilità normativa ed economica da parte dell’Inea, l’elenco di produzioni da sperimentare nella successiva fase operativa del progetto.

Sulla base delle informazioni raccolte con il Coalta 1 si possono già ritenere eleggibili le produzioni alternative al tabacco compatibili con il finanziamento previsto dalla normativa comunitaria sul disaccoppiamento (definite “ammissibili”), ovvero quelle che, pur non essendo compatibili con la detta normativa (”non ammissibili”) e comportando quindi la perdita del relativo finanziamento, per la loro tipicità o per la possibilità di essere coltivate con metodi ecologici, garantiscono comunque utili significativi, risultando quindi dal punto di vista economico alternative altrettanto valide. Oltre alle produzioni vegetali, saranno studiate anche alternative di produzione animale e di servizi ambientali.
Bruno Menna [brunomenna@hotmail.it]


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