L’8 MAGGIO, ORE 18,30 A BENEVENTO SI PRESENTA IL NUOVO LIBRO DI MANUELA PIANCASTELLI:
“UNA VIGNA CHIAMATA SANNIO”.

Venerdì 8 maggio alle ore 18,30 nel Museo del Sannio di Benevento (piazza S. Sofia), verrà presentato il volume di Manuela Piancastelli “Una vigna chiamata Sannio”, Kat edizioni.
Il libro (142 pagine, € 20) è lo studio più ampio e completo mai realizzato sulla storia della vitivinicoltura del Sannio, oggi la più grande “strada del vino” della Campania con undicimila ettari vitati, un milione di ettolitri di vino prodotti, 7.900 coltivatori e oltre 70 aziende vitinicole.
“Una vigna chiamata Sannio” sarà presentato da:

– Stefano De Caro, direttore generale Beni Archeologici del Ministero per i Beni Culturali;
– Aniello Cimitile, presidente della Provincia di Benevento;
– Gennaro Masiello, presidente della Camera di Commercio di Benevento.
Moderatore Nazzareno Fiorenza, presidente dell’Associazione Città Nuova.
Nella foto Manuela Piancastelli

LA NOTA DI GIANPAOLO NECCO
Cari colleghi, il libro presentato lo scorso aprile alla Fnac di Napoli ha avuto un ottimo riscontro, tant’è che le copie in vendita andarono esaurite nel corso della presentazione.
Tra l’altro ve lo consiglio: l’ho letto e non è assolutamente una guida ai vini sanniti, bensì la storia del vino di una terra che si lascia amare da sempre, vuoi perchè comprende località
“santificate” come Pietrelcina, vuoi anche perchè serba sorprese nel campo agroalimentare con decine di agriturismi sorti in pochi anni e tante case vinicole in più.
Il settore vitivinicolo, infatti, ha fatto passi da gigante; sebbene in passato trattato con sufficienza quando si andava sul concreto, cioè alla scoperta dei vini di qualità, poi, alla lunga, ha cominciato finalmente a godere dei risultati dovuti alla riconosciuta bontà e qualità delle sue vigne e all’intrapendenza dei vignaioli che si sono inseriti,con caparbietà e con giusta ragione, nei mercati nazionali e internazionali.
E adesso racconto un aneddoto che vale ancora oggi e che serve a far capire come il Sannio, attraverso il Solopaca (non è pubblicità – a Solpaca manco sanno che esisto – e comunque sono lieto di indicarlo) stia nel cuore dei napoletani, molto più che altri vini.
Quando bambino o poco più scendevo a prendere il vino per mia nonna, non una gran bevitrice ma che comunque voleva il suo buon bicchiere a tavola, mi raccomandava: che sia di Solopaca, capito?
E Luigino, il cantiniere che stava proprio sotto casa,l’accontentava sempre. Ma non solo lei, là si vendeva solo Solopaca! Mettevo il naso sul collo della bottiglia (l’avevo visto fare da altri avventori) e annusavo l’odore acre del vino. Sempre lo stesso, perchè l’operazione la ripetevo ogni volta che andavo a comprarlo; ormai sapevo anch’io cos’era il Solopaca di Luigino.
Ma non quello degli alri.
Infatti, scoprii più tardi che tutti i cantinieri del quartiere avevano cartelli con la stessa dicitura: Solopaca sfuso, originale.
Cioè il vino di Benevento, come lo chiamavano un pò tutti era quello: il Solopaca.
Molti anni dopo ho fatto visita alle cantine sociali di Solopaca con una collega di Limatola.
Vi ho trovato vino imbottigliato e in bottiglioni, anche sfuso, devo dire.
Alla pesa delle uve posta all’ingresso ho voluto vedere cosa accadeva: una specie di termometro misurava penetrando nelle uve ammassate sui camioncini, la loro gradazione. Se era quella giusta andava dirottata da una parte, presumibilmente dove nasce il Solopaca, diversamente dall’altra.
Ho voluto stappare un bottiglione da 5 litri:lo stesso odore acre di tanti anni fa.
Ecco come i vignaioli si sono assicurati l’eternità: il Solopaca è sempre quello, unico e inimitabile.
Nonostante le dicerie malevoli che lo classificavano ( e ancora oggi si sente dire nei quartieri popolari della città ) più annacquato che originale…
Non me ne vogliano i produttori di altri vini, so che tutti i vignaioli sanniti ne producono anche di migliori per qualità.
Ma ogni vino ha una sua storia e questa del Solopaca a me piace, perchè mi riporta a quand’ero ragazzino. Scusate se è poco.
Se lo bevo? Solo se sfuso…

…E MANUELA
Carissimo Gianpaolo,la tua nota è tenera ma soprattutto importante perché hai detto una cosa semplice ma verissima: l’odore del vino apre porte nascoste della nostra mente, il vino si beve anche con la memoria, e questo è il fondamento di qualunque corso sulla sensorialità dei vini. Quindi, hai fatto una “nota” da sommelier, altro che!!!!!
Ti abbraccio forte e grazie sempre dell’affetto con cui segui le mie avventure Manuela,
martedì 05/05/2009 20.34

Da Gianpaolo: mamma mia!

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