ACQUA IN ITALIA
Fiume Po: emergenza nazionale.
E’ stato un Consiglio
straordinario quello convocato dall’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni nella simbolica cornice di una motonave attraccata nel porto turistico-fluviale di Boretto, in provincia di Reggio Emilia. Oltre ai rappresentanti dei Consorzi di bonifica italiani, hanno partecipato ai lavori il Presidente della Commissione Agricoltura della Camera, Marco Lion, ed il Direttore del Dipartimento della Protezione Civile Bernardo De Bernardinis; un messaggio è stato inviato dal Ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Paolo De Castro, mentre il Ministro per l’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, è intervenuto attraverso video, ricordando la battaglia comune per la tutela della risorsa idrica e ribadendo la necessità di un rilancio delle politiche per l’ottimizzazione d’uso del bene acqua. Il Consiglio Nazionale A.N.B.I. ha ribadito le gravi preoccupazioni per le disponibilità idriche della prossima estate (annunciata dai meteorologi come “torrida”), approvando il “Decalogo delle azioni necessarie” per far fronte agli evidenti cambiamenti climatici in atto.
“La situazione è preoccupante su gran parte del territorio e ne è esempio paradigmatico il bacino del fiume Po: a Boretto, il livello delle acque della più grande asta fluviale italiana, è sceso, negli anni di oltre 5 metri; se a ciò aggiungiamo un calo delle piogge sul territorio nazionale, dal 2000 al 2006, pari al 28%, capiamo la drammaticità di una tendenza – dichiara Massimo Gargano, Presidente A.N.B.I. – Serve l’attivazione permanente di “cabine di regia” perlomeno nei principali bacini idrografici al fine di contemperare, nel rispetto di quanto previsto dalla legge, i diversi interessi gravanti sul bene acqua; inoltre serve una gestione unitaria delle aste fluviali, interessanti più regioni: per noi va individuata nelle già esistenti Autorità di bacino competenti.”
Ecco il documento approvato dal Consiglio dell’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni:
“Il problema della disponibilità dell’acqua nel tempo sarà sempre di maggiore rilevanza. Ciò in relazione a problemi di inquinamento, che rendono la risorsa non disponibile per alcune utilizzazioni, ed alla variabilità meteorologica cui si sta assistendo negli ultimi anni (riduzione dello spessore dei ghiacciai, sensibile diminuzione delle precipitazioni, riduzione del numero dei giorni piovosi, crescente intensità dei fenomeni piovosi).
La carenza idrica ha afflitto, nell’ultimo ventennio, con particolare frequenza le regioni meridionali e insulari del Paese (in alcune aree si sono registrati anche fenomeni di desertificazione) e più recentemente anche le regioni del nord ed il bacino padano.
Diviene pertanto sempre più importante una gestione ed un uso razionale della risorsa idrica, anche in aree, quale il bacino padano, che in passato ne hanno avuta abbondante disponibilità.
Le riserve di acqua sono costituite dai ghiacciai e nevai (per i quali negli ultimi anni si è registrata una rilevante riduzione) che alimentano i corsi d’acqua nel periodo estivo, dai grandi laghi (che sono regolati in limiti precisi), dai bacini artificiali (unico serbatoio in vaste aree del Paese), dalla falda profonda e dalla falda ipodermica.
L’acqua è indispensabile per diversi usi: civile, agricolo, industriale, energetico, turistico, ambientale, ecc. Si ricorda che essa oltre che ad avere destinazioni diverse (usi plurimi) in molti casi è utilizzata più volte (usi multipli).
E’ di fondamentale importanza, quindi, tutelarne la qualità, evitando inquinamenti antropici ed intrusione salina, e la quantità, monitorando i prelievi e le restituzioni ed evitando usi abusivi e sprechi, privilegiando, quando possibile, l’irrigazione pubblica.
Una politica dell’acqua, attuata con riferimento al bacino idrografico, consente un razionale utilizzo delle risorse contemperando, anche in periodi di scarsità idrica, le diverse esigenze nel rispetto della legge (prima uso civile e subito dopo agricolo) impedendo ogni abuso, evitando quindi pericoli di intrusione salina nelle falde, di risalita del cuneo salino negli alvei dei fiumi, la subsidenza nelle aree fragili, l’aumento del degrado del territorio e di fenomeni di desertificazione.
Le azioni per contrastare, mitigare e superare i problemi sopra elencati possono essere quelli indicati di seguito.

RIMEDI PER LA CARENZA D’ACQUA
• COMPLETAMENTI – Gli impianti irrigui solo in parte realizzati attraverso finanziamenti erogati nel passato devono essere ultimati al fine di un loro utilizzo più razionale. E’ la parte più rilevante della progettazione.
• ADEGUAMENTI – Vi sono impianti irrigui che hanno necessità di migliorare la propria funzionalità in relazione ad esigenze non previste precedentemente (uso più razionale della risorsa). Vi rientrano gli interventi di manutenzione straordinaria e di ripristino della funzionalità.
• AMMODERNAMENTI – Molti impianti irrigui risultano ormai obsoleti ed hanno necessità di essere ammodernati e dotati di automazione e telecontrollo.
• PIANO INVASI – E’ necessario incrementare la possibilità di conservare la risorsa idrica non solo realizzando grandi dighe, ma anche attraverso laghetti collinari, serbatoi aziendali, l’utilizzazione delle cave dismesse, ecc. Per aumentare la capacità di invaso si propongono 40 interventi per un importo complessivo di circa un miliardo di euro.
• UTILIZZAZIONE REFLUI – Va incentivato l’utilizzo delle acque reflue di cui al relativo regolamento approvato con D.M. 12.6.2003, n. 185. Come è noto ai sensi dell’art. 12 per quanto riguarda i Consorzi di bonifica gestori degli impianti pubblici di irrigazione, nessun onere deve ricadere a loro carico per la messa a disposizione fino alla rete di distribuzione delle acque reflue recuperate.
• UTILIZZO RAZIONALE DELLA RISORSA – E’ necessario, in caso di scarsità di risorsa, utilizzare pratiche agricole per il risparmio di acqua associate ad una scelta dei tempi (bilancio idrico) e dei modi (efficienza irrigua) di somministrazione. Si fa riferimento a tutte le tecniche capaci di limitare l’utilizzo di acqua aumentando l’accumulo nel suolo, limitando le perdite per evaporazione. La conoscenza del bilancio idrico, consente di individuare con maggiore precisione i modi, i tempi e i volumi di somministrazione, comunicandoli agli agricoltori (sms, bollettini, irrinet, irricard).
• CONTROLLO PRELIEVI – E’ importante monitorare i prelievi e le restituzioni in modo da avere il controllo dei volumi utilizzati. Naturalmente tali misurazioni non possono essere a carico degli agricoltori.
• CONTEMPERAMENTO TRA DIVERSI USI – E’ di fondamentale importanza l’istituzione, in modo permanente, di una “cabina di regia” a livello di bacino per gestire le eventuali situazioni di emergenza costituendo un punto di raccordo tra tutti i soggetti interessati al fine di dirimere immediatamente i conflitti per i diversi usi della risorsa.
• AZIONI FORMATIVE E INFORMATIVE – Va incentivata, nelle scuole e sui mezzi di informazione, la formazione e la informazione sull’acqua e le esigenze di un uso più razionale.
• REGIME DI SUSSIDIARIETA’ – E’ necessario garantire il principio di sussidiarietà che vuole che, in un sistema di governo a più livelli, rimangano affidati al livello più vicino agli interessati i compiti di rilievo collettivo, ritenendosi tale livello il più congruo a garantire l’efficacia dell’azione.

UNIONE EUROPEA PER L’ACQUA
Monito da Bruxelles: possibile catastrofe ecologica.
Il rapporto Onu sottoscritto venerdì scorso a Bruxelles da 124 Paesi ha sottolineato l’estrema gravità della situazione ambientale del nostro pianeta. Molti esperti hanno delineato uno scenario apocalittico per il nostro pianeta, se non verranno adottati severi provvedimenti contro l’effetto serra e l’inquinamento globale. E tra i sottoscrittori ci sono anche Cina, India e Stati Uniti, considerati oggi tra i maggiori inquinatori del pianeta. Questo è un risultato importante, sempre che le difficoltà non arrivino quando tra un mese e mezzo l’assise degli esperti mondiali si riunirà a Bangkok per approvare i provvedimenti da adottare. Solo un radicale e globale cambiamento del modo di produrre e di vivere potrà salvarci dalla catastrofe ecologica.

ELIMINARE LE CAUSE
Le cause dei cambiamenti climatici, che determineranno gli eventi catastrofici da più parti temuti, sono in massima parte dovute alle immissioni in atmosfera di gas serra (CO2, anidride carbonica) e altri inquinanti. Pesa in questo bilancio anche il ruolo delle cosiddette “tigri asiatiche”, che già nel 2002 erano state sospettate di inquinare oltre misura e ora questo allarme è stato ripreso dall’Unep (Agenzia ambientale delle Nazioni Unite), che in una nota scrive che una nube di inquinanti, spessa 2 chilometri e grande 16 milioni di chilometri quadrati incomberebbe sul sud-est asiatico, con tendenza allo spostamento verso occidente. Ciò è il risultato della deforestazione, ottenuta con colossali incendi e delle emissioni della combustione di carboni fossili e derivati del petrolio. Bruxelles ha lanciato un ennesimo monito all’umanità ed ai decisori politici affinché si torni a dare priorità alla salvaguardia dell’ambiente anziché al consumismo esasperato. Il “global change”, il cambiamento climatico planetario, che mette in discussione l’economia e lo stato sociale e sanitario dell’intero globo, è un tema che spesso viene affrontato nei summit internazionali che, a partire da Kyoto, hanno tentato di limitare le emissioni nocive. Spesso gli accordi internazionali per una riduzione delle emissioni inquinanti non vengono sottoscritti dalla totalità delle nazioni partecipanti o se vengono accettati lo sono con clausole che ne limitano l’applicazione. L’ultimo rapporto dell’Ipcc (Istituto intergovernativo per i cambiamenti climatici ) dice che nel secolo scorso la temperatura globale è aumentata di circa 0,5 gradi e l’aumento potrebbe posizionarsi tra i 2 e 5 gradi nei prossimi 35-40 anni. Un altro dato allarmante è l’aumento degli oceani che, a causa dello scioglimento dei ghiacciai, potrebbe alzarsi mediamente di 15-20 cm.. Cosa significa ciò ? Che i litorali di molte nazioni, Italia compresa, potrebbero scomparire e intere megalopoli essere sommerse. Ma anche l’acqua potabile potrebbe diventare un bene scarso e conteso e causare guerre e morte. Soprattutto in Africa morirebbero o si ammalerebbero milioni di persone a causa della sua scarsità o insalubrità. A Bruxelles il climatologo Martin Parry ha detto che “in futuro miliardi di persone potranno essere colpite da alluvioni , specie nei delta dei grandi fiumi e molte specie animali, forse un 30% di quelle esistenti, potrebbero scomparire”. Quali sono le cause dell’aumento delle temperature ? Nel secolo da poco concluso la concentrazione nell’atmosfera di anidride carbonica è aumentata del 32% e l’incremento continua. Com’è noto la crescita esponenziale dell’anidride carbonica nell’aria è in gran parte responsabile dell’aumento della temperatura media del pianeta, mentre i CFC (Clorofluorocarburi) continuano, nonostante i freni delle emissioni adottati da molti Paesi, ad allargare il buco nell’ozono dell’alta atmosfera che determina una diminuzione dello strato che ci protegge dalle radiazioni solari. Ma se, per ora, noi dobbiamo lamentare solo sconvolgimenti climatici che ci disturbano e turbano le nostre vacanze, ben altri problemi affliggono i Paesi del sud del mondo dove l’inquinamento è in aumento esponenziale, la desertificazione avanza e la carestia va a braccetto con l’aridità del clima. Al nord del mondo invece le grandi piogge concentrate e il clima equatoriale fanno avanzare la desertificazione che sta già interessando il Mediterraneo. Due facce della stessa medaglia che non sono in contraddizione tra loro perché sono due aspetti dello stesso problema. Si stima che senza interventi drastici di riduzione delle emissioni nei Paesi Ocse l’anidride carbonica crescerà da qui al 2020 del 30% rispetto al 1995. Molto più difficile sarà convincere i Paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni nocive, constatata la loro volontà di mantenere il trend di sviluppo attuale. La ricetta per porre rimedio a questo autogol è semplice ma di difficile attuazione: porre un freno al consumismo esasperato, stabilizzare le emissioni di anidride carbonica e dell’ozono da combustione, innanzitutto con la riduzione dei consumi energetici e l’aumento della capacità di assorbimento del carbonio delle foreste. Dunque risparmio energetico, ricorso massiccio alle energie alternative e riduzione del 20% dei gas serra entro il 2020. Per ottenere questo risultato- ha detto Paul Wolfowitz, presidente della Banca Mondiale – occorrerà che i Paesi ricchi accantonino in uno speciale Fondo notevoli risorse, almeno 200 miliardi di dollari, che serviranno a riconvertire le produzioni inquinanti e a produrre, anche nei Paesi emergenti, energie rinnovabili e alternative ai carburanti fossili. In effetti la riconversione verso le energie pulite potrebbe essere anche un affare per l’Occidente. Almeno 100 miliardi di dollari potrebbero ritornare sotto forma di utili per la produzione nei Paesi europei e nel Nord America di nuove tecnologie destinate alla riconversione. Se il riscaldamento del pianeta, legato all’aumento dell’”effetto serra” e all’inquinamento, dovuti in gran parte all’anidride carbonica, all’ossido di azoto, all’ozono troposferico, allo zolfo, alla deforestazione, agli incendi, alla combustione di carbone e derivati del petrolio, ai CFC, alle attività industriali e alla crescente urbanizzazione, continuerà al ritmo attuale nel 2050 la Terra sarà al collasso totale e per noi sopravvivere sarà difficile, se non impossibile.

IL VENETO PER L’ACQUA
E il Veneto ci sta provando. Infatti le nostre imprese stanno attentamente valutando l’opportunità di dirottare forti investimenti nei settori del solare termico, fotovoltaico, biomasse e biogas. Ne è la prova la recente iniziativa per la costruzione di un grande impianto di bioenergie a Marghera. Insomma molti hanno capito che questa è la strada da seguire, se non vorremo vedere, tra 20 o 30 anni, i nostri fiumi inaridire, i nostri ghiacciai scomparire e Venezia affondare nella melma della laguna.

IL CENSIMENTO IN VENETO
Gianni Genghini (Assoc. Ambiente e Società, Circolo Embera Katio)
Arpav: l’Atlante delle Sorgenti del Veneto
Oltre 2300 sorgenti montane, pedemontane e collinari, 1200 sopralluoghi per un totale di circa centomila dati ed informazioni sullo stato delle risorse idriche del Veneto nell’ultimo triennio, è il risultato del censimento realizzato da Arpav, l’Agenzia Regionale per la Protezione e Prevenzione Ambientale, e che ha dato vita all’ ”Atlante delle Sorgenti del Veneto” . L’opera, che rientra nel progetto comunitario SAMPAS (Sistema Attrezzato di Monitoraggio per la Protezione delle Acque Sotterranee del Veneto) affidato dalla Regione all’Arpav, è costituita da un volume generale che inquadra le caratteristiche idrogeologiche del territorio e le metodologie di classificazione, cui è abbinato un Cd-Rom contenente le schede monografiche sulle sorgenti con l’obiettivo di fare da supporto al corretto utilizzo e all’adeguata protezione della preziosa risorsa idrica.
“Negli ultimi decenni molti studi scientifici hanno consentito di approfondire l’idrogeologia del territorio, soprattutto quella relativa alle aree di pianura, mancava però un censimento delle sorgenti montane realizzato in maniera omogenea sull’intera regione – ha spiegato Andrea Drago, direttore di Arpav, in occasione della presentazione dell’opera, tenutasi a Palazzo Balbi, sede della Giunta Regionale – L’Atlante costituisce pertanto un passo importante nell’ambito di un percorso intrapreso con l’Amministrazione Regionale, che mira a colmare la carenza di conoscenze sulle acque risorgive del Veneto, sia a livello di censimento che di caratterizzazione”.
Dal censimento emerge in generale un quadro positivo per lo stato delle acque risorgive nelle aree montane sia per quanto riguarda la qualità, visto che gli inquinanti sono rinvenuti assai di rado, sia dal punto di vista quantitativo, con i dati che non hanno registrato un’evidente diminuzione dei valori di portata. Completamente diversa invece, la situazione in pianura, dove sia i livelli di falda che la presenza di inquinanti di origine industriale e agro-zootecnica, destano qualche preoccupazione.
“I dati provenienti dalla rete di monitoraggio, composta da 264 pozzi per la verifica quantitative e da 268 per il prelievo qualitativo, registrano una generale tendenza dell’abbassamento freatico ed il conseguente depauperamento delle risorse idriche sotterranee, anche se il rilevante trend negativo che interessa le falde di alta pianura sembra sia in attenuazione negli ultimi cinque anni. Per quanto riguarda l’inquinamento, nelle aree designate vulnerabili da nitrati di origine agricola, i programmi d’azione dovranno portare alla diminuzione delle pressioni presenti contribuendo a migliorare lo stato degli acquiferi, in particolare nel territorio del bacino scolante della Laguna di Venezia”, ha concluso Drago.
L’assessore regionale all’Ambiente, Giancarlo Conta, nel corso della presentazione del censimento, ha ribadito l’attenzione che la Regione Veneto sta ponendo sulle questioni relative alla gestione della risorsa idrica, sia per far fronte al fenomeno della siccità che ai periodi di abbondanza delle acque, aspetti diversi ma entrambi conseguenti al cambiamento climatico. In particolare, ha fatto riferimento ai progetti, in corso di studio di fattibilità, che riguardano la creazione di bacini di accumulo utilizzando le aree dell’ex cave, in grado di raccogliere le acque piovane e di rilasciarle nei periodi di emergenza idrica ai tre principali fiumi veneti, l’Adige, il Piave ed il Po. Secondo una prima stima, la realizzazione dei tre bacini, ciascuno con la capacità di immagazzinare tra i 50 e i 60 milioni di metri cubi d’acqua, costerebbe parecchie decine di milioni di euro.

Articoli tratti da: Asterisco Informazioni di Fabrizio Stelluto [info@asterisconet.it]


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