A LELLO ESPOSITO IL PREMIO NAPOLI PER L’ARTE DELLA FONDAZIONE ROBERTO CORTESE, X EDIZIONE – ANNO 2016
SCRITTO DA RITA FELERICO IL 01 DICEMBRE 2016. INSERITO IN PORT’ALBA FELERICO
Lo hanno preceduto negli anni passati e nelle altre sezioni del Premio: il Prof. Angelo Panebianco, il Sen. Prof. Domenico Fisichella, il Prof. Nicola Matteucci, l’On. Carlo Azeglio Ciampi, il M° Michele Campanella, l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, la Dr.ssa Alda Croce, il M°Toni Servillo, il Prof. Pier Paolo Pandolfi, il Dott. Paolo Graziano, il Prof. Edoardo Cosenza
“Lello è un grande comunicatore”, commenta con viso sorridente Jean Noel Schifanò guardando negli occhi l’amico di sempre, l’artista Lello Esposito, sensibilmente emozionato. E’ suo il Premio Roberto Cortese – sezione ‘Napoli per l’Arte’ giunto alla sua X edizione; con il patrocinio della Regione e del Comune si è svolta il 15 novembre scorso, presso il Circolo Artistico e Politecnico di piazza Trieste e Trento a Napoli , la cerimonia di premiazione; a coordinare una signora della parola: Giuliana Gargiulo.
”A Lello dobbiamo riconoscere insieme all’estremismo della sua arte– sostiene Schifanò – la continua ricerca del senso di identità: con le sue mani magiche che si muovono dentro e intorno alla materia esprime quel desiderio di verità che muove e motiva l’arte stessa”. Così il francese/napoletano che da sempre ha costruito e vissuto un legame profondo con la città, ancor prima degli anni che lo hanno visto Console e Direttore del Grenoble.
E scorrono nella mente i Pulcinella con le mani affondate negli spaghetti, con le spalle strette da macabre, tozze corde che ne soffocano il respiro, che si arrampicano in una impensabile salita / discesa su traballanti scale di legno. Pulcinella è la sua Napoli, quella di Lello, Pulcinella siamo noi che ne respiriamo giorno per giorno la soffocante/liberatoria atmosfera di contraddizione, dove paura, ironia, beffa, dolorosa gioiosità si mescolano in un continuum che rispecchia l’inafferrabilità dell’esistenza.
Anche se ha dichiarato di non aver mai fatto una ricerca su Pulcinella, fin dalla prima volta in cui lo ‘fece’ con il das nella bottega artigiana di Poggioreale dello zio, la maschera incarna le ferite della sua vita: la morte del padre, le fughe dall’orfanatrofio, il bisogno di comunicare, di esprimersi, di far morire e rinascere quel Pulcinella che segna gli ostacoli e le difficoltà di una sua personale ricerca artistica.
Compagno di viaggio amato e talvolta odiato, Lello ha fatto viaggiare Pulcinella, la sua maschera, la cultura di Napoli e la tradizione della sua terra in tutto il mondo, trascinandolo per Musei e Gallerie, per le strade di New York e Singapore, introducendolo insieme agli altri simboli della tradizione partenopea ( l’uovo, San Gennaro, il corno.. ) nei salotti più ambiti, mescolando folklore, etnie, storie e visioni comuni.
E ripensando alla maschera che tanto ha dato alla storia della Commedia dell’Arte e al significato che ha impresso nella scelta di uno stile di vita, non posso non ricordare il successo riscosso dal nostro artista nel 2004, durante le manifestazioni organizzate per il bicentenario della morte del grande pittore veneto Giandomenico Tiepolo.In occasione del restauro del ciclo di affreschi che Tiepolo dedicò a Pulcinella realizzati all’interno della sua villa di famiglia in provincia di Venezia, la Venice Fondation invitò Lello Esposito ad esporre un gruppo di sue opere lì, a Venezia. Cosa accomuna i due artisti , chi è Pulcinella per il Tiepolo ? E per Lello? Un uomo, un diavolo, una maschera e basta? L’artista veneziano sembra collezionare non personaggi nelle sue figure pulcinellesche, bensì creature vive, burrascose, ironiche, ciniche, burlesche e si potrebbe continuare con altri innumerevoli aggettivi. Sono le creature/Pulcinella del nostro Lello che incarnano le infinite possibilità di essere uomini. Sembra si intreccino nelle ‘avventure’ i due Pulcinella, nel legare gli avvenimenti dell’esistenza dell’artista napoletano e le riflessioni sulle fortune,i dolori, le gioie dell’ ormai anziano veneziano.
È ciò che recentemente ha scritto Giorgio Agamben, docente di filosofia teoretica all’Università di Venezia, in una deliziosa pubblicazione per nottetempo editore nella quale commenta proprio le bellissime tavole per li ‘regazzi’ del Tiepolo. Si legge: “Il segreto di Pulcinella: nella commedia della vita non vi è un segreto, ma solo, in ogni istante, una via d’uscita. La lezione di Pulcinella: si può agire solo al di là o al di qua dell’azione, si può parlare solo al di là o al di qua della parola, si può vivere solo al di là o al di qua della vita”.
La profondità dei suoi occhi nocciola e la sua bocca ‘a forma di Vesuvio’, dice ancora Schifanò, identificano lo spazio interiore e quello visionario del territorio sul quale abita il nostro artista e dove ritorna dopo ogni scorribanda all’estero. “Ho capito – conferma Lello – che forse avevo ragione nel perseguire il mio progetto e ho continuato e ho cercato di contagiare ancora di più tutta la città e il mondo con quello che era Napoli”. Una ricerca di identità che non esclude l’altro, il diverso, la voce dissonante ma che accoglie e abbraccia gli incontri come fonte di conoscenza e ricchezza, come dialogo nel rispetto reciproco.
Lello esprime ciò che possiamo definire la grande sfida dell’arte contemporanea, quella di farsi portatrice di un nuovo modello di cittadinanza e di scelta etica , un modello sociale alternativo nel quale utopia, memoria e pragmatismo si uniscono per permetterci di esprimerci liberamente, senza pregiudizi, dando spazio al linguaggio delle emozioni. Lello sembra dirci che la conquista dell’identità non finisce mai, è un lungo viaggio che si compie attraversando noi stessi e gli altri, condividendo e relazionandoci , riconoscendoci attraverso la mediazione dell’alterità.
L’arte se è una rielaborazione dei vissuti, è momento primario per allacciare una relazione e diffondere uno strumento di conoscenza che si impone come momento di senso pensante. E’ questo uno dei tanti significati dei Pulcinella di Lello e dei tanti simboli che muovono la trama della sua arte, simboli nei quali tutti ci identifichiamo, come rabdomanti in cerca di saggezza.
da Qualcosa di Napoli SCRITTO DA RITA FELERICO IL 01 DICEMBRE 2016


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